Psicologia

“Fatti vedere”: il cinema spiega la psicoterapia online

Dal grande schermo alla vita reale, scopriamo come si sta evolvendo il supporto psicologico a distanza, diventando una pratica sempre più accessibile e consolidata

Negli ultimi anni la psicoterapia online ha guadagnato attenzione nel panorama del benessere mentale, trovando recentemente spazio anche al cinema. Il film Fatti vedere, diretto da Tiziano Russo, esplora infatti questo fenomeno tramite le vicende di Sandra, una psicologa alle prime armi che inizia a lavorare con un servizio di consulenza psicologica online. Dopo essere stata improvvisamente lasciata dal fidanzato, Sandra, assumendo un’identità fittizia, offre supporto psicologico al suo ex nel tentativo di comprendere le ragioni della rottura.

Per approfondire il tema della psicoterapia online e la sua rappresentazione nel film, abbiamo intervistato il Dottor Angelo Capasso, psicoterapeuta a orientamento sistemico-relazionale e manager clinico di Unobravo.

Gruppo San Donato

La psicoterapia online tra realtà e finzione

Il film Fatti vedere coglie un cambiamento culturale in atto, evidenziando come la psicoterapia online si stia affermando come una pratica quotidiana, in cui il digitale apre a nuove opportunità per prendersi cura di sé. «Il supporto psicologico a distanza, che inizialmente rappresentava una soluzione concreta soprattutto per chi vive in aree isolate o ha impegni che rendono difficile la presenza fisica, oggi è diventato un’opportunità su larga scala, perché quel modo di relazionarsi è diventato prassi nelle nostre interazioni quotidiane. I trattamenti con l’adozione del setting online hanno dimostrato di essere efficaci, specialmente per l’ansia, la depressione e lo stress, offrendo continuità e flessibilità», spiega Angelo Capasso.

Nel film manca il rigore del rispetto delle regole professionali

Tuttavia, nel film la protagonista, interpretata da Matilde Gioli, viola diversi principi del Codice Deontologico che regolano la professione dello psicologo. Questi rigorosi standard etici sono fondamentali per proteggere il paziente e garantire l’integrità della relazione terapeutica. Manipolare la relazione con il paziente, sfruttare la terapia per scopi personali e lasciare che la vita privata interferisca con quella professionale sono esempi di violazioni gravi di queste regole.

«Rispetto alla finzione cinematografica, la pratica clinica online richiede un rigore metodologico che non sempre trova spazio nella narrazione. Le sedute digitali devono garantire sicurezza, privacy e un setting strutturato, elementi a volte semplificati o drammatizzati sullo schermo. Il film coglie bene la potenzialità di questi nuovi spazi terapeutici, ma semplifica alcune dinamiche che nella pratica clinica richiedono attenzione, preparazione e valutazioni etiche approfondite».

“Fatti vedere”: il  ruolo dei media nella normalizzazione del supporto psicologico

«Ogni storia raccontata è un ponte tra ciò che siamo e ciò che potremmo essere e quando lo fa può trasformare il privato in qualcosa di universale. Le opere veicolate dalla cultura di massa possono fare da amplificatore per tantissimi temi, inclusa la salute mentale. Pensiamo all’influenza di Qualcuno volò sul nido del cuculo, film-denuncia del ‘75 che ha anticipato di qualche anno l’entrata in vigore della legge Basaglia in Italia. Quel tipo di riflessioni e cambiamenti si respiravano già nell’aria e visualizzare quella storia sul grande schermo l’ha reso pensabile e raccontabile per tanti spettatori, partecipi a una presa di coscienza collettiva».

«Oggi, raccontare il supporto psicologico come uno spazio legittimo di cura e ricerca del senso aiuta a scardinare ulteriormente i pregiudizi, continuando un percorso iniziato decenni fa. I media possono e devono continuare a farlo mostrando percorsi autentici, complessi e imperfetti, come lo sono le vite che narrano, facendo attenzione a evitare banalizzazioni e semplificazione di temi che hanno a che fare con la complessità del vivente».

Accessibilità, limiti e sfide della psicoterapia online

«Il trattamento online amplia l’accessibilità, abbatte le distanze geografiche e offre continuità, anche in momenti di crisi globale. Per alcune situazioni (isolamento sociale, hikikomori, persone con mobilità limitata) può rappresentare un primo accesso alla cura, se non l’unico. I casi in cui può risultare limitante sono le emergenze e specifici disturbi gravi, quali disturbi psicotici, disturbi alimentari severi e tossicodipendenze, che richiedono supporto medico e interventi coordinati. La scelta va sempre orientata al beneficio del paziente, considerando la complessità del suo contesto», prosegue lo psicoterapeuta.

«Secondo la recente indagine “Il welfare alla prova delle piattaforme”, condotta dalla professoressa Ivana Pais dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano su un campione di pazienti di Unobravo e professionisti che collaborano con la piattaforma, il percorso psicologico “da remoto” viene considerato efficace quanto uno in presenza dall’85% degli psicologi. Mentre l’88% dei pazienti intervistati conferma di svolgere con il proprio psicologo “online” un lavoro efficace rispetto agli obiettivi prefissati».

«La sfida principale per i professionisti che operano online è costruire un setting sicuro anche nella distanza. Questo richiede protocolli chiari, dispositivi tecnologici affidabili e, soprattutto, un’etica ferrea. Serve allenare la capacità di cogliere segnali sottili e promuovere un’alleanza con il paziente basata su trasparenza e rispetto. Una qualità che non dipende tanto dal canale adottato, ma dalla capacità dello psicologo di creare spazi di ascolto autentici. In molte scuole di pensiero psicologico lo psicologo è lo “strumento” più importante nella cura ed è la qualità della relazione tra professionista e paziente a generare un contesto sicuro e trasformativo, capace di favorire il cambiamento».

“Fatti vedere”: il valore della fiducia nel percorso terapeutico

«La fiducia è la radice da cui tutto il percorso germoglia. Le relazioni sono sistemi complessi e la terapia è proprio questo: un campo di risonanza tra due menti. Senza fiducia, non può esserci la libertà di esporsi, di mettere in discussione narrazioni di sé cristallizzate. Riprendendo una bella scena del film Fatti vedere, la fiducia permette al paziente di attraversare le proprie “onde di panico” sapendo che qualcuno è lì, stabile, a dare significato a quanto è avvenuto e sta avvenendo nella propria vita e a custodire il senso del viaggio».

Il rapporto delle nuove generazioni con la psicoterapia

«Millennial e Gen Z vivono in un’epoca in cui vulnerabilità e benessere psicologico sono temi pubblici. Sono generazioni cresciute con il digitale come estensione del sé. Per loro accedere a servizi online è spesso naturale perché parte integrata della realtà che hanno sperimentato. Questa apertura rappresenta una svolta culturale: chiedere aiuto non è più segno di debolezza, ma di consapevolezza».

L’importanza di garantire un accesso equo alle cure psicologiche

«Il digitale ha abbattuto barriere logistiche, offrendo supporto a chi, per distanza o stigma, non avrebbe avuto accesso alla terapia. Tuttavia, l’accessibilità non è solo tecnologica: richiede educazione emotiva, regolamentazioni chiare e tariffe sostenibili. Guardando al futuro, sarà essenziale garantire equità nell’accesso e qualità del servizio, promuovendo la cultura della cura psicologica come diritto e non come privilegio. Un futuro dove la distanza non sia più un limite al prendersi cura di sé», conclude l’esperto.

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Aurora Pianigiani

Collabora con OK Salute e Benessere e si occupa di comunicazione in ambito medico-scientifico e ambientale. Laureata in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Firenze, si è formata nel settore dei media digitali e del giornalismo. Ha conseguito il Master in Comunicazione della Scienza e della Salute presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e contestualmente ha scritto articoli per testate giornalistiche che svolgono attività di fact-checking.
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