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Engentar: quando la solitudine è positiva

Così è chiamato il desiderio di stare soli, fondamentale per la crescita personale che porta a dedicarsi a se stessi. Ma anche a migliorare il rapporto con le altre persone

In un mondo sempre più connesso, dove l’interazione sociale è diventata una norma, stare da soli può spesso essere visto con un certo scetticismo. La ricerca della solitudine è troppo spesso associata a sentimenti di tristezza, isolamento e persino a condizioni di salute mentale negative come la depressione.

Tuttavia esiste un altro lato del desiderio di crearsi uno spazio per sé che porta un profondo senso di felicità, crescita e soddisfazione. È quello che i messicani e gli spagnoli chiamano Engentar, un termine difficilmente traducibile ma molto arricchente.

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La solitudine come strumento di autoconoscenza

Quando siamo soli, senza le distrazioni delle conversazioni o delle aspettative sociali, abbiamo l’opportunità di guardarci dentro. La solitudine, in questo senso diventa Engentar, cioè un potente strumento di autoconoscenza, permettendoci di riflettere su pensieri, emozioni e aspirazioni più reconditi.

Questo processo di riflessione può portare a una maggiore consapevolezza di sé, aiutandoci a capire meglio chi siamo veramente e cosa vogliamo dalla vita.

L’Engentar favorisce la creatività e la fantasia

Molti studi suggeriscono che il tempo trascorso da soli può favorire la creatività e la fantasia. Quando la mente non è continuamente stimolata dall’esterno, ha la possibilità di vagare, di esplorare nuove idee e soluzioni creative ai problemi.

Essere soli, quindi, non significa necessariamente essere annoiati o isolati, ma può rappresentare un’opportunità per entrare in contatto con la propria creatività e con il proprio potenziale inespresso.

I benefici psicologici dell’Engentar

L’Engentar può avere effetti positivi sulla salute mentale. Uno studio condotto dalla psicologa Thuy-vy Nguyen ha dimostrato che il tempo passato da soli, quando scelto volontariamente, è associato a un aumento:

  • del benessere soggettivo;
  • della felicità;
  • della riduzione dello stress.

Questo è dovuto al fatto che il tempo in solitudine permette di ricaricarsi, di liberarsi delle pressioni sociali e di connettersi con sé stessi in modo autentico. Inoltre, imparare a godere della propria compagnia può rafforzare l’autostima, poiché ci rende meno dipendenti dall’approvazione e dal sostegno degli altri.

La differenza tra la solitudine scelta e quella imposta

È importante distinguere tra la solitudine scelta e quella imposta:

  1. La prima, o Engentar, può portare a uno stato di “solitudine positiva”, dove il tempo da soli è utilizzato per scopi costruttivi, come la meditazione, la lettura o la pratica di hobby.
  2. La seconda, invece, può risultare dannosa, portando a sentimenti di isolamento e abbandono. Imparare a scegliere e a gestire la solitudine può trasformarla in uno strumento di crescita personale e benessere.

5 consigli per iniziare a praticare l’Engentar

Tutti possono sperimentarlo, ma per qualcuno può essere difficile. Come affermava Pier Paolo Pasolini: «Bisogna essere molto forti per amare la solitudine». L’Engentar, se non viene spontaneamente, richiede pratica e pazienza. Ecco alcuni suggerimenti per iniziare:

  1. Pratica la mindfulness: la meditazione e la mindfulness sono strumenti eccellenti per imparare a stare soli con i propri pensieri. Queste pratiche ci aiutano a osservare i nostri pensieri senza giudizio, permettendoci di accettare ciò che emerge durante il tempo in solitudine.
  2. Riscopri i tuoi Interessi personali: dedica del tempo a scoprire o riscoprire ciò che ti appassiona. Che si tratti di leggere, dipingere, fare giardinaggio o semplicemente passeggiare, troverai gioia nel fare qualcosa per il semplice piacere di farlo, senza la pressione o l’approvazione degli altri.
  3. Stabilisci dei confini: imparare a dire “no” è essenziale per creare spazio per se stessi. Non si tratta di evitare gli altri, ma di dare priorità al proprio benessere, riservando del tempo per ricaricarsi e riflettere.
  4. Coltiva una routine di solitudine: programma regolarmente del tempo da passare da solo. Questo può includere momenti della giornata dedicati a un’attività che ti rilassa o che ti stimola mentalmente.
  5. Sfida le tue paure della solitudine: spesso, l’idea di stare soli può spaventare perché ci costringe a confrontarci con parti di noi stessi che preferiremmo ignorare. Affronta queste paure a piccoli passi, iniziando con brevi momenti di solitudine e aumentando gradualmente il tempo.

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Simona Cortopassi

Classe 1980, è una giornalista iscritta all’Ordine regionale della Lombardia. Toscana d’origine, vive a Milano e collabora per testate nazionali, cartacee e web, scrivendo in particolare di salute e alimentazione. Ha un blog dedicato al mondo del sonno (www.thegoodnighter.com) che ha il fine di portare consapevolezza sull’insonnia.
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