La rubrica OK Salute e Benessere, condotta dalla giornalista Chiara Caretoni, va in onda tutti i giorni alle ore 11 sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR) e su Radio LatteMiele. Per entrare in contatto con la redazione radiofonica scrivi a: radio@ok-salute.it.
In Italia, secondo gli ultimi dati Istat, i caregiver sono 8 milioni e mezzo di cui la maggior parte, circa 7 milioni, non sono figure esterne professionali ma persone interne alla famiglia, principalmente donne: madri, compagne, mogli, figlie. È ampiamente dimostrato come queste persone, rispetto alla popolazione generale, siano più esposte al rischio di sviluppare determinate patologie, sia fisiche che mentali. Ed ecco come mai è importantissimo fornire un supporto psicologico a questa figura, come ci spiega Michele Canil, psicologo a Treviso.
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In Francia si chiama “matérnage”: quando la cura degli altri diventa priorità
È importantissimo garantire un supporto per un duplice motivo: il primo perché la persona continui ad espletare queste funzioni, ovvero l’accudimento generico, che altrimenti graverebbe su altri. Un secondo motivo è che lo stesso caregiver, che spesso è la moglie, il marito o anche un estraneo, non diventi esso stesso una persona esposta a potenziali problemi come disturbi d’ansia, di depressione, arrivando addirittura al burnout.
In Italia c’è più supporto nel privato, per il pubblico bisogna attendere ancora
In Italia non è stato ancora strutturato un percorso ad hoc. Si sta mettendo una certa attenzione a livello clinico, purtroppo ancora principalmente a livello privato. Quando il caregiver inizia a soffrire in modo intensivo di stress, arrivando fino al burnout, ecco che allora si rivolge, attraverso dei consulti di professionisti, ad una qualche forma di cura privata. Spesso queste persone finiscono con lo sviluppare sintomatologia fisica, a volte anche importante, come sintomi depressivi oppure di alterata fisiologia per colpa dello stress che si ripercuote a livello corporeo.
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