Ministero della Salute e molti governatori regionali mettono un freno alla voglia di tanti italiani di sottoporsi ai test sierologici, l’esame che permette di verificare la presenza degli anticorpi contro il coronavirus.
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L’unica diagnosi si fa con il tampone oro-faringeo
È giusto ricordare che al momento l’unico test utile per la diagnosi è il tampone oro-faringeo, cioè il test molecolare con metodo Real Time PCR per SARS-CoV-2 indicato dall’OMS. Il tampone è eseguito secondo le procedere decise dalle Regioni. Il paziente contatta i numeri telefonici predisposti o il proprio medico di famiglia. Dopo una valutazione telefonica dei principali sintomi – temperatura alta, tosse secca, contatto con persone risultate positive – provvederà a inviare operatori sanitari al domicilio del paziente per l’esecuzione del tampone, che sarà poi ripetuto attraverso la stessa procedura per verificare l’avvenuta guarigione.
I test sierologici sono di due tipi principali: rapidi e di laboratorio
Per quanto riguarda i test sierologici è utile fare chiarezza, visto che in commercio ce ne sono di oltre 120 tipi diversi. Alcuni sono certificati con il marchio CE, altri no. “I test sierologici si dividono principalmente in due categorie: i test rapidi, ovvero da prelievo con pungidito e i test di laboratorio”. La dottoressa Elena Costa è responsabile del Laboratorio di analisi chimico-cliniche e microbiologiche all’IRCCS Policlinico San Donato di Milano.
I test rapidi
“Per i test rapidi è sufficiente pungere il polpastrello del dito, esattamente come si fa per l’esame della glicemia – spiega Elena Costa. – Si mette la goccia di sangue sul dispositivo e in pochi minuti si sa se all’interno del siero del sangue della persona ci sono le immunoglobuline G, cioè gli anticorpi che l’organismo produce specificamente contro il coronavirus. La loro specificità, ossia l’attendibilità, dipende molto dal kit che scegliamo. Il problema è che può produrre dei falsi positivi. Questo significa che ci sono persone che possono risultare positive al test, ma che in realtà non lo sono. Ecco perché il test rapido se risulta positivo, deve trovare conferma nel secondo tipo di test e cioè nel prelievo di sangue che sarà poi elaborato in laboratorio. Se anche questo secondo test conferma la positività, bisogna sottoporsi al tampone oro-faringeo. Aver sviluppato gli anticorpi specifici contro la malattia infatti non significa essere guariti. Ecco perché è da evitare nel modo più assoluto il fai-da-te. Bisogna sottoporsi al test rapido solo in presenza di un medico, che sappia interpretare i risultati e sappia spiegare nel dettaglio come ci si debba comportare”.
Il test con il prelievo di sangue
“Il test di laboratorio è invece un vero e proprio esame del sangue – chiarisce Elena Costa. – Quindi si preleva un campione di sangue dalla persona e il referto viene elaborato in laboratorio. Per i risultati in genere occorre aspettare un giorno. Anche in questo caso, se si è positivi bisogna sottoporsi anche al tampone oro faringeo per escludere di essere ancora contagiosi”.
I test sierologici solo nelle strutture autorizzate dalla Regione
“I test devono essere fatti solo nelle strutture indicate dalla Regione. Diciamo subito che l’esame sierologico ha senso da un punto di vista epidemiologico per comprendere meglio le modalità d’insorgenza, di diffusione e di frequenza di Covid-19 in rapporto alle condizioni dell’organismo, dell’ambiente e della popolazione. Ecco perché è partito un test su 150.000 persone scelte in modo scientifico dall’Istat, per valutare la presenza del coronavirus nel nostro Paese. Il campione sarà rappresentativo di ogni Regione, sesso, attività lavorativa e fascia d’età.”. Il dottor Dario Beretta è presidente di AIOP Lombardia, l’Associazione Italiana Ospedalità Privata.
In Lombardia vincoli stretti
“La Regione Lombardia, che è largamente quella più colpita dall’epidemia, ha posto dei vincoli severi alle strutture private che intendono fornire i test sierologici – spiega Dario Beretta. – Gli esami per individuare gli anticorpi sono liberalizzati per i datori di lavoro, le diverse categorie professionali, oppure all’interno di altri progetti comunitari, ma con paletti molto rigidi a tutela dell’attività del pubblico. Il singolo cittadino che invece vorrà sottoporsi privatamente al test sierologico dovrà rivolgersi ai laboratori privati accreditati dalla Regione. Come sappiamo, chiunque risulti positivo al test dovrà sottoporsi anche al tampone oro-faringeo. Quindi la persona dovrà mettersi in isolamento in casa, finché non avrà la certezza di non essere più contagioso”.
La questione dei tamponi
“La Regione ha però imposto che ogni laboratorio privato dovrà garantire che l’incremento all’attuale capacità produttiva dei tamponi per l’80% del totale rientrino negli screening regionali. Si tratta dei pazienti che mostrano di avere sintomi tipici di Covid-19. Non solo – aggiunge Dario Beretta. – È bene ricordare che dall’inizio di marzo tutti gli interventi chirurgici differibili sono stati rinviati e in questo momento gli ospedali si stanno attrezzando per procedere a queste operazioni. Si tratta di interventi di chirurgia anche banali. Tutti i pazienti che vengono ricoverati in ospedale per qualsiasi ragione devono essere sottoposti a tampone oro-faringeo un paio di giorni prima. Anche loro rientrano negli screening regionali. Quindi solo il restante 20% potrà essere utilizzato per chi si sia sottoposto ai test sierologici e risulti positivi”.
Quando ha senso sottoporsi ai test sierologici
“In pratica i test sierologici hanno senso su larga scala, come ad esempio quelli che sono stati fatti nelle zone a massimo contagio, come Codogno e la Val Seriana. Hanno senso anche se un datore di lavoro, sotto la guida attenta del medico del lavoro, voglia sottoporre a screening i suoi dipendenti. Fare a tappeto test sierologici da parte di privati cittadini, invece, non ha molto senso, a meno che non si faccia un lavoro a grande esposizione come succede per i medici e gli infermieri. Ricordo che i test svolti sugli operatori sanitari che stanno a stretto contatto con i malati ha avuto risultati positivi nel 10-15% dei casi. Sono pochissimi i privati cittadini che senza sintomi sono invece risultati positivi ai test sierologici”.
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