Valeria Pace, 32 anni, di Catania, è laureata in economia, frequenta un master in organizzazione e sviluppo delle risorse umane ed è presidente dell’Associazione Gli equilibristi HIBM. Nel 2010 ha scoperto di essere affetta, come la gemella Federica, dalla miopatia GNE.
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A me e a mia sorella hanno diagnosticato la miopatia GNE
La prima ad accorgersi che qualcosa non andava è stata mia sorella gemella Federica. Avevamo 19 anni, lei stava iniziando a praticare un nuovo sport e sentiva di non avere un equilibrio stabile, il suo passo era diventato pesante, si affaticava velocemente. Né io né mia sorella avevamo mai avuto problemi di salute fino ad allora, e ogni volta che Federica si sottoponeva a una visita, i medici ipotizzavano patologie sempre diverse e gravi. Fino a 11 anni fa, quando siamo approdate dal dottor Carmelo Rodolico, neurologo al Policlinico di Messina. A seguito di una visita di routine effettuò una biopsia muscolare a mia sorella, dopodiché ci sottopose entrambe a un test genetico, nonostante io ancora non accusassi alcun sintomo. La diagnosi non lasciava dubbi: eravamo affette da miopatia GNE.
Volevo vivere senza sprecare più nessun momento o possibilità
Con mia sorella abbiamo iniziato a fare ricerche sul web scoprendo come la malattia sarebbe progressivamente degenerata. Ero sconvolta, non riuscivo a credere cosa mi sarebbe accaduto. All’epoca trascorrevo la maggior parte delle mie giornate all’università e nel tempo libero mi piaceva tenermi in forma o uscire con le amiche. Dopo la scoperta della malattia iniziai ad avere timore che gli altri non mi avrebbero più accettata, ma quando i sintomi sono divenuti evidenti e sono dovuta ricorrere prima ai tutori, poi al bastone, fino alla sedia a rotelle, ho cercato di mettere da parte ogni paura: volevo vivere senza sprecare più nessun momento o possibilità. Se mi guardo indietro, credo di aver sfoderato molta forza negli step degenerativi della malattia che hanno coinvolto i miei arti inferiori; molto più difficile è stato, invece, accettare di perdere la forza negli arti superiori. Le braccia mi permettevano di mantenere un’autonomia che ora non ho più.
Avere una sorella con la stessa patologia ha permesso alle nostre reciproche sofferenze di aiutarci
Ho iniziato a scrivere come terapia, a parlare della malattia, a personificarla. Di certo mi è stato ed è di supporto un percorso di psicoterapia che ho intrapreso e che mi aiuta a non dimenticarmi di ciò che sono e che sarei stata a prescindere dalla miopatia GNE. Ogni giorno affronto la vita nutrendomi di nuovi sogni e aprendomi al mondo per poterli raggiungere. Avere una sorella con la stessa patologia ha permesso alle nostre reciproche sofferenze di aiutarci. Se una di noi due ha dei momenti di difficoltà dovuti alla malattia, l’altra può intervenire decodificando quei sentimenti, spiegandoli e soprattutto rispettandoli. Abbiamo creato un equilibrio perfetto e sappiamo quando il peso deve ricadere più su una anziché sull’altra. Mia madre poi, ha reagito con molta energia. Non posso avere percezione reale del dolore che sicuramente prova, ma non ci fa mai mancare il suo sorriso, anche nei momenti di estrema stanchezza. E poi siamo state davvero fortunate: abbiamo amici che hanno vissuto insieme a noi ogni cambiamento e difficoltà.
Sono impegnata con l’Associazione Gli equilibristi HIBM
Oggi sono in prima linea con l’Associazione Gli equilibristi HIBM, che con mia sorella ho fondato nel 2012: ci è sembrato un ottimo modo per affrontare le paure e la solitudine che si prova soprattutto quando si è affetti da una malattia rara. Il nostro obiettivo è fornire informazioni, far sì che i pazienti escano dalla solitudine, spingerli a fare gruppo. Cerchiamo di dare consapevolezza delle proprie potenzialità, farli sentire protagonisti della propria esperienza ed esistenza. Da parte mia, voglio dare un aiuto sempre più concreto a tutti i pazienti con miopatia GNE. La malattia è spesso un argomento tabù nella nostra società e si tende a personificarla con la debolezza e l’incapacità, togliendo automaticamente valore a chi ne è affetto.
Lo scorso novembre la notizia dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica mi ha meravigliato ed emozionato: sapere che è apprezzato ciò che facciamo ogni giorno mi sprona ad andare avanti dando sempre il meglio. E non smetto di credere in me stessa e nelle mie possibilità. Circa quattro anni fa, quando ho capito che la voce era una delle cose che la malattia non mi avrebbe portato via, ho iniziato a studiare canto. Mi piace l’idea di poter imparare a usare le mie corde vocali per esprimere con i suoni i movimenti che il mio corpo non può più fare. Con le braccia non posso più abbracciare, ma con la voce sì.