La ricomparsa di un tumore al polmone è un evento frequente anche dopo l’intervento chirurgico che ha asportato il tumore. A fronte di un alto tasso di recidive a cinque anni dall’intervento, che varia tra il 60 e il 75% dei pazienti a seconda della gravità del tumore, la gestione del paziente era fino ad oggi una sfida ancora aperta per ricercatori e clinici.
«La recidiva è un evento frequente anche per i pazienti in stadio precoce e rappresenta un momento devastante nel percorso di cura» avverte Silvia Novello, Professore di Oncologia Medica all’ Università degli Studi di Torino e Presidente WALCE Onlus. «Con l’obiettivo di rendere questi stadi di malattia realmente guaribili, la ricerca punta pertanto alla riduzione della percentuale di recidive, sempre nel rispetto della qualità di vita del paziente. L’immunoterapia si è rivelata un ottimo mezzo per raggiungere questo scopo: poter disporre ora dell’innovazione di atezolizumab come prima immunoterapia approvata in adiuvante contribuisce a ridurre significativamente il rischio di recidiva e ad ampliare le prospettive di cura per i pazienti».
In questo articolo
Tumore al polmone: atezolizumab riduce il rischio di recidive
Atezolizumab è un anticorpo monoclonale ed è la prima e unica immunoterapia antitumorale disponibile in Italia in adiuvante (cioè somministrato dopo l’intervento chirurgico) per pazienti affetti da tumore al polmone cosiddetto non a piccole cellule, che rappresenta l’85% dei casi di tumore al polmone in stadio precoce. L’approvazione italiana, che segue quella europea dello scorso anno, si basa sullo studio IMpower010, i cui risultati hanno dimostrato che il trattamento con atezolizumab in adiuvante, dopo resezione completa e chemioterapia a base di platino, ha ridotto il rischio di recidiva della malattia o di morte del 57% nei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule in stadio II-III con alta espressione di PD-L1, una proteina che regola la risposta immunitaria
del tumore.
«La chirurgia con intento curativo è ad oggi l’opzione standard di trattamento per una prognosi migliore» spiega Filippo de Marinis, Direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano e Presidente AIOT (Associazione Italiana Oncologia Toracica). «Dopo l’intervento, il patologo identifica lo
stadio della malattia che guida l’indicazione agli eventuali trattamenti adiuvanti di chemioterapia. Con la rimborsabilità di atezolizumab, se è presente un’amplificazione di PD-L1, si potrà praticare, dopo due mesi di chemioterapia, un’immunoterapia con atezolizumab per un anno. Questa opzione consente di ridurre il rischio di morte di oltre il 58% e di aumentare la sopravvivenza a cinque anni del 18% rispetto alla sola chemioterapia».
L’indicazione richiede quindi un aggiornamento della strategia di cura e del percorso del paziente oncologico polmonare con un ruolo chiave giocato dalle diverse figure dell’equipe multidisciplinare, compreso il chirurgo, che dovrà inserire questo nuovo passaggio nel percorso diagnostico per valutare l’eleggibilità del paziente al trattamento.
«La novità di atezolizumab segna un cambio di passo, come dimostrano gli studi clinici per cui l’immunoterapia in adiuvante permette risultati più efficaci, indipendentemente dal tipo di intervento chirurgico effettuato sul paziente, presentando al contempo una tollerabilità al farmaco migliore rispetto alla sola chemioterapia» conferma Federico Rea, Direttore Divisione Chirurgia toracica e Centro trapianto polmone del Policlinico Universitario di Padova.