Gli oncologi ormai lo sanno, i tumori al polmone non sono tutti uguali. Il più diffuso si chiama tumore del polmone non a piccole cellule e rappresenta circa l’80-85 per cento di tutti i casi. Di questi, il 5% è causato dalla mutazione del gene ALK. Si tratta di un tumore che colpisce soprattutto le persone tra i 45 e 50 anni di età e a differenza di altri tipi di tumore al polmone si riscontra generalmente nei non fumatori.
Comprendere l’origine del tumore ALK positivo ha consentito ai medici oncologi di scoprire, quasi vent’anni fa, una classe di farmaci in grado di bloccare la progressione della malattia, anche se soltanto nell’8% di questi pazienti.
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Arriva la terza generazione dei farmaci in grado di bloccare il tumore ALK positivo
Oggi però siamo giunti alla terza generazione di questa classe di farmaci, e al Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), in corso a Chicago, è stato presentato un nuovo studio, denominato Crown, con dati che i ricercatori hanno definito “impressionanti”.
I risultati dello studio con lornatinib
«Dopo cinque anni, il 60% dei pazienti trattati con lornatinib, farmaco di terza generazione degli inibitori della tirosin-chinasi, è vivo senza progressione della malattia» spiega Benjamin Solomon, oncologo del Peter MacCallum Cancer Centre di Melbourne, Australia, che ha presentato lo studio.
Un entusiasmo condiviso da Filippo de Marinis, Direttore della Divisione di Oncologia Toracica dello IEO di Milano e Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Toracica: «Si tratta di un vantaggio mai ottenuto a oggi in questo tipo di patologia. Sono dati davanti ai quali non eravamo preparati, siamo davanti al nuovo standard mondiale di trattamento di pazienti ALK».
Risultati molto positivi sulla protezione delle metastasi al cervello
In più, circa il 25-40% delle persone con tumore del polmone non a piccole cellule avanzato ALK-positivo può sviluppare metastasi cerebrali entro due anni dalla diagnosi iniziale. Lorlatinib ha dimostrato di agire efficacemente anche a protezione del cervello.
In chi ha ricevuto lorlatinib, solo 4 su 114 hanno sviluppato metastasi cerebrali entro i primi 16 mesi di trattamento, rispetto a 39 su 109 pazienti che hanno ricevuto un farmaco di prima generazione. Al momento dell’analisi, il 50% dei pazienti dello studio CROWN stava ancora ricevendo lorlatinib, rispetto al 5% dei pazienti che avevano ricevuto il farmaco di prima generazione.
«Riuscire a contrastare a livello intracranico il tumore ALK positivo è un punto di forza ulteriore di lorlatinib, tanto che a oggi non sappiamo se i pazienti svilupperanno le metastasi molto tardivamente o addirittura non le svilupperanno mai» commenta Lorenza Landi, responsabile Uosd sperimentazioni cliniche Fase 1 e Medicina di Precisione, Istituto Tumori Regina Elena di Roma.
In Italia partiti con ritardo
Unica nota stonata, il ritardo per cui il farmaco è stato approvato in Italia. «Nel nostro Paese lorlatinib ha ottenuto il rimborso da parte di AIFA-Agenzia Italiana del Farmaco, a gennaio 2024. In Europa la terapia era disponibile già da due e fa tre anni e mezzo in Usa» sottolinea de Marinis. «Finora lo abbiamo potuto utilizzare soltanto in seconda linea di trattamento, con risultati non soddisfacenti. A inizio anno è arrivato il tempo per cambiare standard, e questo è un vantaggio per noi oncologi ma soprattutto per i pazienti».