Terza dose di Moderna: arrivano i dati preliminari di una ricerca svolta dal colosso bioingegneristico americano che evidenzia come il richiamo a mezza dose abbia aumentato in modo estremamente significativo i livelli di anticorpi contro Omicron rispetto ai vaccinati con due dosi. Attualmente il richiamo di Moderna è somministrato alla dose di 50 microgrammi. L’annuncio della società ha rilevato che la sua dose booster da 50 microgrammi ha aumentato i livelli anticorpali di 37 volte. Una dose doppia, quindi da 100 microgrammi, aumenta i livelli anticorpali di 83 volte rispetto ai livelli osservati prima di un richiamo. Il colosso americano non ha però spiegato i dettagli di questa affermazione, ma li ha definiti rassicuranti.
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Effetti collaterali più importante con la dose da 100 microgrammi
Tutte e due le dosi hanno provocato effetti indesiderati del tutto simili a quelli avuti con le prime due dosi. Va sottolineato che la dose di 100 microgrammi ha mostrato reazioni avverse leggermente più frequenti rispetto alla dose autorizzata di 50 microgrammi.
In Italia quasi il 30% della popolazione vaccinabile ha ricevuto la terza dose
Terza dose di Moderna: per gli esperti al momento è sufficiente almeno nella prevenzione dei sintomi gravi
I richiami di Covid-19 possono aiutare a migliorare la protezione contro la variante del coronavirus Omicron. Al momento non è necessaria una dose di richiamo specifica per la variante. Ne ha parlato anche il principale medico consigliere del presidente degli Stati Uniti, Anthony Fauci. L’esperto ha spiegato come siano stati condotti numerosi studi in tutto il paese e nel mondo per dare un’occhiata a come potremmo prepararci nel contesto delle vaccinazioni.
“Il messaggio rimane chiaro: se non sei vaccinato, fatti vaccinare. E in particolare nell’arena di Omicron, se sei completamente vaccinato, fai il richiamo”.
Non si sa quanto durerà la protezione del booster
Per le terze dosi sia di Moderna, che di Pfizer, non si sa ancora quanto duri la protezione anticorporale. Uno studio israeliano svolto però solo in laboratorio ha sottolineato che per quanto riguarda Pfizer, la protezione calerebbe già dopo tre mesi. Ma occorrono anche in questo caso i dati che arrivano dalla vita reale.