Le caraffe filtranti potrebbero non rendere migliore l’acqua che beviamo. Anzi. Sarebbero addirittura in grado di eliminare «le caratteristiche di potabilità», oltre a essere vendute senza controlli e sulla base di vecchie disposizioni «inadeguate per la salvaguardia della salute». Le accuse arrivano dalla relazione tecnica del ministero della Salute che accompagna il decreto sulle «apparecchiature per il trattamento dell’acqua destinata al consumo», firmata dal ministro Renato Balduzzi.
Il provvedimento introduce nuove norme per regolare il mercato delle caraffe e gli impianti fissi per il lavello di case e ristoranti. Un mercato, quello ritratto dal ministero, che assomiglia a un Far West: per questo il decreto fissa nuovi requisiti di sicurezza dei materiali, l’obbligo di dettagliate istruzioni d’uso e la richiesta, per i produttori, di informare i cittadini per consentire «scelte di acquisto consapevoli». Le aziende hanno sei mesi per adeguarsi.
La decisione del ministero arriva dopo che le indagini avviate da alcune Procure hanno messo in dubbio la capacità di filtri e caraffe di migliorare e depurare l’acqua del rubinetto. Secondo gli esperti, queste convinzioni non sono supportate da elementi scientifici.
A Torino, per esempio, una perizia commissionata dal pm Raffaele Guariniello ha dimostrato l’anno scorso che l’applicazione del filtro non migliora la qualità dell’acqua di rubinetto (LEGGI). Al contrario, la impoverisce di sali minerali necessari per l’organismo: calcio, magnesio e potassio. La società Brita, leader del settore, si era difesa dichiarando che il parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità non ha «rilevato nessun rischio per la salute. I nostri filtri sono autorizzati in Germania e Austria».
Scrivono gli esperti di Balduzzi: «Questi apparecchi hanno l’unico scopo di modificare le proprietà organolettiche (sapore, odore, colore)» e una non ottimale manutenzione «potrebbe addirittura far sì che nel tempo l’acqua in uscita perda le caratteristiche di potabilità (ad esempio i corretti valori di Ph)».
Spiega Matteo Vitali, professore associato di igiene all’Università la Sapienza: «Molti apparecchi non sono costruiti con materiali idonei all’uso alimentare, sono sprovvisti di manuali per la manutenzione e di scadenze certe, fondamentali per la sicurezza del consumatore. Oltretutto modificano l’acqua indistintamente senza tener conto della sua composizione specifica. Esempio, quella di Roma è ricca di calcio e magnesio mentre quella di Torino presenta contenuti di questi sali molto piu bassi. I filtri rimuovono buona parte di calcio e magnesio senza distinguere. L’acqua di Torino così risulta estremamente povera di questi elementi. Inoltre la durezza dell’acqua non nuoce».
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