Testo di Carmelo Di Mauro,
psicologo e psicoterapeuta,
blogger di PSYCHOMER
Quante volte vi è capitato di sognare in modo così realistico da chiedervi al risveglio se non fosse davvero reale ciò che avete sognato? Ebbene, questa capacità di distinguere la realtà dal sogno (reality monitoring) è estremamente importante per una buona integrazione della coscienza e coinvolge strutture specifiche del cervello, situate nella corteccia prefrontale (PFC). Il gruppo di Marie Buda, ricercatrice di Cambridge, ha effettuato un esperimento interessante allo scopo di verificare se vi fossero delle differenze individuali nella capacità di reality monitoring.
Il gruppo di 53 pazienti è stato sottoposto a un compito di memoria. A ciascuno è stato mostrata una coppia di parole o la prima di esse. Quando veniva somministrata una sola parola, si doveva immaginare la seconda della coppia e, talvolta, pronunciarla ad alta voce; mentre in alcuni casi, era il ricercatore a leggerla. Dopodiché, i ricercatori per testare la capacità di discriminazione tra le parole viste e quelle immaginate, mostravano la coppia di parole chiedendo se fossero state lette ad alta voce dal soggetto o dal ricercatore. Inoltre, veniva mostrata la prima parola di ciascuna coppia e veniva chiesto di ricordare se la seconda parola della coppia fosse stata letta o immaginata. Alla fine di ogni sessione, veniva indagato il grado di sicurezza sulla accuratezza di ciascuna risposta.
I ricercatori hanno scoperto che la variabilità nella prestazione era correlata con la variabilità della struttura del solco paracingolato (PCS) all’interno della corteccia prefrontale. Per coloro i quali il PCS fosse assente, la capacità di ricordare se avessero letto oppure immaginato le parole era significativamente ridotta. Tuttavia, inconsapevoli degli errori di memoria, erano sicuri di sé come i restanti soggetti del campione sulla accuratezza delle loro risposte.
Questo risultato è coerente con una serie di ricerche in cui le differenze di volume e di forma del solco paracingolato sono connesse con scarse prestazioni di reality monitoring, tipiche di alcuni disturbi neuropsicologici. Inoltre, tali risultati vanno a integrarsi a quelle ricerche che hanno messo in evidenza come la schizofrenia sia caratterizzata da deficit di reality monitoring combinati alla drammatica difficoltà di staccare l’attenzione dal mondo interno e rivolgerla verso l’esterno. Come in un circolo vizioso, il cervello dello schizofrenico sembra non riuscire ad interrompere deliri e allucinazioni distinguendoli dalla realtà.
Riepilogando, il solco paracingolato sembra avere un ruolo centrale nella abilità di distinguere le informazioni interne da quelle esterne. La variabilità di questa struttura potrebbe spiegare perché alcune persone presentano specifici errori di memoria come nel caso della confabulazione, cioè il riportare falsi ricordi autobiografici, oppure in quei casi straordinari di disturbo dissociativo dell’identità.
Ma c’è di più. Tale variabilità potrebbe anche mettere in discussione l’idea di un cervello «tipico» distinto da quello «diverso» come nel caso delle sindromi neuropsicologiche. Negli ultimi anni, è emerso un dibattito interessante in cui la neurodiversità è considerata come una dimensione normale dovuta alle naturali differenze cerebrali dello sviluppo. Tali differenze spiegherebbero le variazioni delle funzioni cognitive tra le persone, mettendo in discussione il significato di un cervello «neurotipico».
Carmelo Di Mauro
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