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Se la realtà virtuale funziona come terapia

Testo di Nicoletta Iurilli, psicologa e psicoterapeuta, blogger di PSICOLOGIA E DINTORNI La realtà virtuale si basa sul fatto che il nostro cervello risponde e interagisce con stimoli visivi, acustici, tattili e odorosi. Medicina e psicologia cercano di sfruttare lo stesso linguaggio del cervello con l’aiuto della cibernetica, ovvero modelli virtuali adattabili alle problematiche della persona.

Testo di Nicoletta Iurilli,
psicologa e psicoterapeuta,
blogger di PSICOLOGIA E DINTORNI

La realtà virtuale si basa sul fatto che il nostro cervello risponde e interagisce con stimoli visivi, acustici, tattili e odorosi. Medicina e psicologia cercano di sfruttare lo stesso linguaggio del cervello con l’aiuto della cibernetica, ovvero modelli virtuali adattabili alle problematiche della persona.

Gruppo San Donato

La cyber terapia è quindi una forma d’assistenza sanitaria basata sull’utilizzo delle nuove tecnologie, e uno dei campi d’azione è quello della riabilitazione che permette al paziente di riprodurre i movimenti in contesti controllati, seguendo un programma vero e proprio, reimparando a controllare ed eseguire le azioni quotidiane.

Si può quindi usare lo strumento della realtà virtuale per intervenire in situazioni semi-patologiche o per curare veri e propri disturbi?

L’ansia sociale, per esempio, si può combattere assieme a medici-avatar come Angelina, una «confidente» creata all’Institute for Creative Technologies dell’Università della California (guarda). Gli studi svolti servendosi di Angelina hanno dimostrato che parlare con lei aiuta chi soffre di ansia sociale a parlare delle proprie difficoltà e a superarle, riuscendo per esempio a parlare in pubblico senza sentirsi malissimo solo al pensiero.

Delle potenzialità della realtà virtuale «curativa» beneficia anche l’esercito statunitense, che utilizza la realtà virtuale applicata al training dei militari e per i reduci dall’Iraq a San Diego, al Virtual Reality Medical Center, per guarirli dal disturbo post-traumatico da stress.

Una ricerca dell’università canadese del Quebec ha dimostrato che i risultati ottenibili attraverso la «cyberterapia» sono ottimi, in ogni caso non inferiori alle psicoterapie standard. E c’è chi sta studiando la possibilità di utilizzare i mondi virtuali per aiutare chi soffre di autismo: all’Università della California è in corso una ricerca su bambini autistici che prevede l’uso di amichetti virtuali che stimolino i piccoli ad aprirsi e parlare agli altri.

In Italia si utilizzano applicazioni basate su pc potenziati e su caschi immersivi realizzati per il mondo dei videogiochi. Si stanno sperimentando percorsi per il Parkinson, ictus cerebrale e altre malattie con difficoltà nel controllo motorio, dove gli ordini visivi influenzano fortemente le prestazioni motorio. Osservando il movimento dell’arto virtuale, il paziente è facilitato nella successiva esecuzione dello stesso movimento, attraverso una simulazione mentale.

I videogiochi sono stati ultilizzati anche per la riabilitazione dell’ictus cerebrale ma anche come terapia medico-psicologica dei disturbi del comportamento alimentare, quali anoressia e bulimia, ansia e fobie. Si riproducono le caratteristiche ambientali della situazione, si sperimentano emozioni, si apprende una tecnica e si gestisce il controllo con l’aiuto dello psicologo.
Nicoletta Iurilli

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