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Psoriasi: a che punto siamo con le terapie per bloccare l’infiammazione?

La psoriasi ha un impatto su molti aspetti della vita quotidiana dei pazienti. Crea problemi fisici e psicologici molto importanti, genera depressione e rabbia. «Ho la psoriasi da quando avevo 11 anni. Oggi mi avvio verso i 73 anni d’età» racconta Valeria Corazza, presidente dell’Associazione psoriasici italiani Apiafco. «Ho passato fasi in cui di cure ce n’erano pochissime, solo qualche crema. Questa non è una bella malattia per chi la porta. È una malattia che si vede, interferisce con la vita. Il paziente va aiutato a stanarsi, a trovare il coraggio, perché molte volte neanche ne parla della sua malattia. Si parte spesso dal presupposto che curare è un costo e non è un investimento, quando invece è senz’altro un investimento. Chiediamo accesso equo alle terapie innovative, che ci sia un supporto per i medici di famiglia in modo che tutti siano guidati verso cure personalizzate, su misura per la loro situazione, orientate al miglior risultato». I pazienti oggi chiedono velocità di risposta e una lunga durata della vita libera da malattia.

Psoriasi: a che punto siamo con le terapie per bloccare l’infiammazione?

A che punto sono le terapie? «Parliamo di bisogni insoddisfatti» avverte Giovanna Malara, direttore dell’Unità operativa complessa di dermatologia all’Ospedale metropolitano Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria. «Abbiamo oggi un ampio armamentario di farmaci, dai trattamenti locali a quelli sistemici orali tradizionali, dalle terapie biologiche alla fototerapia con raggi ultravioletti, eppure ancora ci sono molti pazienti non trattati». Si stima che meno del 50% raggiunga l’obiettivo di trattamento di una pelle completamente pulita. Stanno però arrivando nuove terapie innovative e più efficaci, perché si è capito molto di più sul meccanismo d’azione della malattia e sulle dinamiche che portano alla sua amplificazione e cronicizzazione.

Gruppo San Donato

«Sappiamo che bloccando alcune molecole si possono ottenere effetti su quella cascata che caratterizza la malattia» spiega Stefano Piaserico, responsabile dell’Unità di Dermatologia al Dipartimento di medicina Dimed dell’università di Padova. «Bloccando l’interleuchine IL17A, proteine prodotte da cellule del sistema immunitario, si ottiene un blocco rapido. Bloccando sia le IL17A che le IL17F si ottiene una rapidità ancora maggiore, mantenendo l’efficacia nel tempo. Ci sono terapie in arrivo, come il farmaco bimekizumab, che puntano a questo. È fondamentale che il clinico possa utilizzare tutte le armi terapeutiche disponibili, ma di fronte a un paziente è importante adottare la terapia migliore per lui».

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