Migliaia di donne che desideravano aumentare la taglia del seno o ricostruirlo dopo l’asportazione della mammella per tumore sono state operate con questi dispositivi di plastica poi risultati pericolosi.
E ora la sanità pubblica si farà carico delle sostituzioni anche quando si è trattato di chirurgia estetica. Oltre ad essere più facilmente deteriorabili, con notevole rischio di rottura, le Pip secondo l’allarme di alcune agenzie europee (Francia e Gran Bretagna) provocano una percentuale più alta di infiammazioni e effetti collaterali. I dati sulla loro diffusione sono stati resi noti dal ministro Renato Balduzzi nel corso di un’audizione in commissione Sanità al Senato. Il censimento era stato avviato circa un mese fa con un’ordinanza e l’istituzione di un canale online dove Asl e altre strutture sanitarie avrebbero dovuto comunicare il numero degli impianti col marchio francese, ritirati nell’aprile del 2010 dopo il primo allarme lanciato da altri Paesi.
Finora sono state raccolte 3.802 segnalazionima nelle stime del ministero si dovrebbero raggiungere i 4.525 impianti visto che alcune Regioni devono ancora comunicare la loro realtà. Mancano all’appello Molise, Piemonte, Campania, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Domani in programma un incontro con le Regioni per potenziare la raccolta dei dati e decidere una linea di azione in particolare sul percorso che dovrà garantire alle pazienti il rimborso di un secondo intervento. Balduzzi ha anticipato che potrebbe bastare «un’indicazione medico specialistica. Questa vicenda potrà costituire un precedente nel campo dei dispositivi medici».
In pratica tutti quei materiali come by pass, valvole cardiache, filler antirughe. Quasi la metà delle protesi sotto accusa sono stati utilizzati da chirurghi del Nord e di queste 1.230 solo in Lombardia, in 62 strutture. Le Pip erano vendute in tutta Italia, con prezzi competitivi: 1175 «paia » al centro e 932 al sud. Nel complesso però la fetta di mercato occupata dalle protesi dell’azienda finita sotto inchiesta è relativamente marginale: il 3% delle 121.699 operazioni di mastoplastica (al seno) additiva (aumento per fini estetici) e ricostruttiva (per motivi di salute. Balduzzi ha aggiunto che «il 74% delle protesi Pip, cioè 2.827 paia, sono state applicate in centri ospedalieri, privati accreditati o privati. Il 26% degli interventi hanno avuto luogo in ambulatori ».
Ed è questo forse un elemento grave, da considerare in un eventuale e ormai necessario piano di riordino del settore della chirurgia estetica. Molte donne vengono operate in condizioni potenzialmente a rischio e comunque non con il supporto di servizi che possono risultare essenziali in caso di imprevisti.
Fonte Corriere.it