Una timbrica vocale «sabbiata», indicata anche come voce nera. È questa la particolarità che è stata fin da subito attribuita alla mia voce. E per me, che amo da sempre la musica afroamericana e sono cresciuta ascoltando Anastacia e Aretha Franklin, non può che essere motivo di orgoglio. Per questo quando la scorsa estate ho temuto di perderla sono piombata nel panico.
Ero in Messico per l’attività promozionale del mio disco appena uscito in America Latina. E quasi all’improvviso, mi sono resa conto che dalla mia bocca usciva una strana voce bassa e velata. Quando usciva, perché a tratti, invece, mi avvicinavo all’afonia. Non riuscivo quasi più a parlare, figuriamoci a cantare. Mi sono precipitata da un foniatra locale, che mi ha riscontrato la presenza di due noduli sulle corde vocali, e di un piccolo polipo in prossimità dell’ugola.
Non è stata una sorpresa: i controlli a cui mi sottopongo ogni anno in Italia li avevano già evidenziati. Ma poiché non provocavano particolari disturbi, non c’era necessità di asportarli. Lo specialista messicano, però, mi ha spiegato che la loro consistenza stava aumentando, e che iniziava a profilarsi il rischio di un danno alle corde vocali. E mi consigliava al più presto un intervento chirurgico risolutivo.
Tornata in Italia, anche i miei specialisti di fiducia hanno confermato che era meglio non aspettare più. E dentro di me è esplosa l’ansia. Per la prima volta mi trovavo di fronte a un problema di salute importante. Temevo innanzitutto di compromettere per sempre il mio timbro vocale. E temevo anche l’intervento in sé, soprattutto perché avrei dovuto sottopormi a un’anestesia, anche se locale. Perché non sopporto non avere la lucidità e il controllo di quello che mi sta accadendo.
Me ne ero già accorta durante la mia esperienza ad Amici, quando mi sono ritrovata a somatizzare l’ansia che mi divorava: ero passata improvvisamente dal negozio di abbigliamento in cui lavoravo come commessa, a un palco affollato di telecamere su cui esibirmi, esposta al giudizio della gente e tesa ad apparire sempre al meglio per farmi valere. E più facevo passi avanti, più il mio stress cresceva. Tanto più che ero molto giovane. Difficilissimo avere la lucidità per gestire tutto questo.
In ogni caso, prima dell’intervento alle corde vocali ho pubblicato un video sulla mia pagina Facebook per informare e tranquillizzare i miei fan, sdrammatizzando e mostrandomi serena. In realtà ero tesa come una corda di violino, nervosa e impaurita. Se penso a quanto mi ha dovuto sopportare mia mamma! Perfino lo staff ospedaliero mi ha coccolata e tranquillizzata come se fossi una bimba in preda alla paura del buio. E fortunatamente è andato tutto bene. Ma quando, dopo una settimana di silenzio assoluto per consentire alla mia gola di stabilizzarsi, mi sono sottoposta ai dovuti controlli riaprendo bocca per la prima volta, la mia voce era orribile. Il foniatra mi ha assicurato che con gli appositi esercizi di logopedia e le lezioni di canto presto sarei tornata quella di prima. Eppure per un po’ sono state proprio quelle lezioni a farmi ricadere nel panico: tentavo di emettere un suono, e ne usciva uno opposto. Non riuscivo a gestire la mia voce, e mi sentivo sempre più scoraggiata. Ho pianto tanto: è il mio modo abituale di sfogare le mie emozioni, anche quelle positive. Poi mi sento meglio. Sono fatta così: emotiva e sensibile. Ma certamente non fragile, e sempre capace di risollevarmi.
Mi sono messa d’impegno e in un paio di mesi ho ritrovato la mia vocalità «sabbiata». Ovviamente adesso un po’ di preoccupazione che il problema possa ripresentarsi c’è, quindi continuo a tenermi sotto controllo e a tenere la voce allenata. Ma non vivo con l’ansia. Anzi, ho sfoderato di nuovo il mio sorriso, cercando, come sempre, di vivere a colori. Proprio come il titolo del mio nuovo disco.
Alessandra Amoroso
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