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Parkinson: più dei farmaci può la danza

Nuovi spiragli a conferma dell'efficacia della terapia motoria, sia come prevenzione che come trattamento per chi è già colpito dalla malattia, arrivano da numerose ricerche.

Già uno studio condotto qualche anno fa dagli scienziati dell’Harvard University su 48.000 uomini e 77.000 donne non colpiti dalla malattia aveva dimostrato una riduzione del rischio del 50%, fino ad arrivare al 60% nei soggetti ancora più attivi fisicamente. Più recentemente uno studio effettuato presso il National Institute of Environmental Health Sciences ha dimostrato che un intenso e regolare esercizio fisico nella sala pesi offre una protezione contro questa malattia.

«Nei centri di cura del Parkinson», spiega Giovanni Abbruzzese, ordinario di Neurologia presso l’Università di Genova e presidente della Lega italiana per la lotta contro la malattia di Parkinson (Limpe), «sta diventando molto più diffuso l’uso della terapia fisica anche perché i pazienti vivono più a lungo rispetto a 20 anni fa e i medici hanno capito che bisogna associare alla terapia farmacologica anche l’esercizio fisico in modo da garantire una buona qualità di vita».

Gruppo San Donato

Dopo anni di studi condotti su modelli animali, ora si comincia a sperimentare sull’uomo: i ricercatori della University of Maryland School of Medicine hanno varato un programma che prevede esercizi fisici e mentali.

L’idea è quella di utilizzare un approccio olistico ai problemi di degenerazione neuronale della malattia perché si è scoperto che l’attività fisica non solo aiuta a colmare i problemi a carico dell’equilibrio e i deficit di stabilità, ma fa bene anche alla mente. In particolare, l’esecuzione di movimenti ripetitivi come quelli della camminata può aiutare il cervello a sviluppare nuovi collegamenti che compensano quelli perduti a causa della malattia.

«Il Parkinson riduce la capacità motoria e da sempre si è cercato di far capire ai pazienti la necessità di incrementare l’attività fisica per rallentare l’evoluzione della malattia tanto più che anche dalla nostra esperienza di medici abbiamo sperimentato in prima persona i benefici» conferma il presidente della Limpe.

Alcune attività sembrano più indicate per questa tipologia di pazienti come ad esempio la corsa, il cammino a passo veloce, il tennis e la danza. «I parkinsoniani hanno perso il ritmo che ci consente di muoverci – dice Abbruzzese e allora il ricorso a discipline che si basano su movimenti cadenzati come quelli della danza compensa questa carenza. E i benefici si vedono in tutti gli stadi della malattia».

Il tango sembra essere la danza più benefica. Da una ricerca della Washington University School of Medicine si è visto che i parkinsoniani che hanno seguito lezioni di tango argentino hanno mostrato miglioramenti molto più significativi nella mobilità funzionale di chi si esercita convenzionalmente.

Dà buoni risultati anche l’uso del tapis roulant. «Funziona perché si mantiene sempre lo stesso ritmo e la stessavelocità e consente ai p azienti di concentrarsi sul movimento degli arti superiori mentre le gambe vanno da sole sul tappeto», spiega Alessandro Palazzolo, massofisioterapista e preparatore atletico che si occupa di recupero fisico a Varese.

Anche la pratica di discipline orientali come il Tai Chi e tecniche di rilassamento come Yoga e stretching, favoriscono la mobilità articolare e l’equilibrio. «Per vedere dei miglioramenti servono sedute almeno tre volte a settimana, meglio se in gruppo, che stimola anche la socializzazione che aiuta a combattere la depressione spesso figlia della dipendenza da altre persone», suggerisce Palazzolo.

Purtroppo, però, i benefici sono subito reversibili e per mantenerli bisogna esercitarsi anche a casa. A fornire supporto pratico sono le associazioni di pazienti che realizzano opuscoli illustrati e Dvd: proprio sabato scorso l’Associazione Italiana Parkinsoniani ne ha presentato uno (per richiederlo). La riabilitazione motoria è anche online sul sito dove c`è una sezione di e-gym in cui si illustrano 38 esercizi che vengono spiegati anche verbalmente mentre una sagoma li esegue ad un ritmo rallentato in modo che i pazienti possano allenarsi in diretta.

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