Ornella Campanella, 47 anni, infermiera a Palermo, è sposata e madre di due figli. Nel 2005 ha costituito la prima Associazione italiana che rappresenta tutti i portatori della mutazione dei geni BRCA, sia uomini che donne, l’aBRCAdabra.
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Positiva alla mutazione dei geni BRCA
Non avevo mai sentito parlare della mutazione dei geni BRCA: è stata l’oncologa del Policlinico di Palermo che, sentita la mia storia, mi disse di fare una chiacchierata con la genetista. Era il 2012: un mese prima mi era stato diagnosticato un tumore di 7 millimetri al seno, per cui avevo subito una quadrantectomia. All’epoca avevo 38 anni e nella mia famiglia c’erano già stati molti casi di carcinoma mammario, a cominciare da mia madre che ne aveva già sviluppati due, uno in ciascun seno. Ogni anno mi sottoponevo a ecografia senologica, ma per la mammografia nelle strutture pubbliche mi dicevano che era troppo presto. Invece, ho scoperto il mio tumore proprio da una mammografia a cui mi sono sottoposta privatamente.
Il test genetico consisteva in un prelievo di sangue e l’indagine avrebbe spiegato se c’era un’ereditarietà, in grado di dirmi perché mi fossi ammalata di cancro nonostante l’età, non avessi mai fumato, non fossi in sovrappeso, avessi allattato al seno i miei due figli, praticassi sport. Il test fu preceduto da colloqui con l’oncologo, la genetista e lo psico-oncologo. Il risultato arrivò cinque mesi dopo, quando avevo appena terminato l’ultimo di sei cicli di chemio: ero positiva. Avevo quindi un rischio molto elevato di sviluppare di nuovo un tumore al seno e anche all’ovaio. Avrei dovuto fare dei controlli di sorveglianza con esami semestrali tra cui prelievi, ecografie, mammografie, risonanze mammarie. Prima che mi sottoponessi al test, il programma terapeutico prevedeva, dopo la chemio, 35 sedute di radioterapia. C’era, però, un’altra strada: la mastectomia preventiva.
Mastectomia preventiva con ricostruzione immediata e rimozione di tube e ovaie
Frastornata, chiesi a chi potessi rivolgermi per avere informazioni di tipo chirurgico, ma nella mia città non c’era nessuna esperienza. Ho cercato centri specializzati e, grazie a un chirurgo di Pavia che lavorava nel mio ospedale, ho contattato una senologa, la professoressa Alberta Ferrari, del Policlinico San Matteo di Pavia, che si occupava di rischio eredo-familiare. Dopo due ore di counselling, ero ancora più convinta di procedere con la chirurgia e così anche mio marito che mi è sempre stato vicino. Mi sono sottoposta a mastectomia preventiva il 4 dicembre 2012 a Pavia: è stato il giorno della mia rinascita. Sono rimasta in ospedale quattro giorni, a gennaio ho ripreso il lavoro. All’inizio avevo alcune limitazioni nei movimenti, nella postura a letto, ero molto attenta ai pesi, alla torsione del busto per evitare complicanze. Psicologicamente stavo bene, grazie anche al sostegno ricevuto dai medici che mi hanno seguito. Sottopormi alla mastectomia profilattica invece di iniziare la radioterapia ha consentito una ricostruzione immediata e senza complicanze. A distanza di due anni, poi, ho deciso di effettuare anche la annessiectomia profilattica (rimozione di tube e ovaie), considerando il mio rischio elevato a causa della mutazione del gene BRCA2.
L’associazione aBRCAdabra
È stato un percorso impegnativo ma che mi ha portato, nel 2015 a fondare, proprio con la professoressa Ferrari e altre amiche conosciute in rete, l’Associazione aBRCAdabra, per essere di aiuto ad altre persone nella mia situazione. E con la Onlus, la prima sfida è stata di tipo culturale, per scardinare pregiudizi sul test (spesso nemmeno proposto alle donne che invece rientravano nei parametri per il counselling oncogenetico) e sull’accesso alla mastectomia preventiva rifiutata da molti specialisti. Erano gli anni successivi al «coming out» di Angelina Jolie che, dichiarando di essere portatrice della mutazione BRCA, iniziò ad accendere i riflettori sul tema. Nella nostra Associazione siamo ora più di 2.100, con un Comitato tecnico scientifico composto da 11 specialisti tra i pionieri del BRCA in Italia. Il nostro impegno è rivolto all’approvazione del PDTA alto rischio (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) e all’esenzione del ticket per le prestazioni previste dal protocollo di sorveglianza per uomini e donne, accogliamo chi ci chiede aiuto, informiamo e promuoviamo collaborazioni scientifiche. Oggi continuo a sottopormi a controlli semestrali ma con molta meno ansia. Pratico sport, ho modificato l’alimentazione e vivo con la certezza di avere fatto ciò che la scienza mi mette a disposizione per ridurre il rischio di ammalarmi.