È il primo reparto di un ospedale pubblico totalmente dedicato alla cura dell’anoressia. Spetta al Niguarda il primato di una struttura di alta specializzazione per la cura di tutti i disturbi alimentari, bulimia compresi, che fino a poco tempo fa venivano curati nei reparti di medicina, in mezzo a malati di ogni tipo. I letti della nuova struttura sono 12, sei destinati ai pazienti e altrettanti ai genitori che decidono di stare al fianco dei loro figli in questa complessa battaglia contro la malattia. Il Niguarda è da 22 anni in prima linea nella lotta all’anoressia.
«Quando questa patologia era poco nota e i malati erano spesso in balia di centri privati di dubbia professionalità, noi abbiamo cominciato a parlare di anoressia come una malattia vera da curare», spiega Maria Gabriella Gentile, la primaria del reparto, una pioniera di questo settore, la cui esperienza è valutata con grande interesse anche all’estero. Oggi, al Niguarda vengono seguiti mille casi l’anno, con un 25% di pazienti che arrivano da altre regioni. «L’età media delle nostre pazienti, al 90% femmine, va dai 14 ai 18 anni — spiega la dottoressa Gentile — ma abbiamo un 15% di casi che riguardano ragazzine di 12 anni». Mille pazienti l’anno e oltre 30 mila prestazioni in day hospital.
Il centro per la cura dei disturbi della nutrizione si trova nel padiglioni 11, di fronte all’ingresso principale dell’ospedale. Al primo piano c’è il reparto che accoglie i casi più gravi, come quella ragazzina di 21 chili, arrivata pochi giorni fa in condizioni molto preoccupanti. «Di fronte all’anoressia non bisogna avere paura o pensare che prima o poi una ragazza tornerà da sola a mangiare — spiega la dottoressa — ai primi sintomi bisogna intervenire. Più le cure sono precoci e più aumentano le possibilità di guarigione». Nel reparto si affrontano le emergenze, ma su, al quarto piano dello stesso padiglione, c’è il day hospital, dove ogni giorno le pazienti si ritrovano.
«Porto mia figlia alle 8.30 e passo a riprenderla alle 4 del pomeriggio», spiega una mamma di Roma che, da fine agosto, si è trasferita a Milano per fare curare sua figlia, dopo una lunga odissea in altri ospedali. Nel day hospital del Niguarda, il tour de force terapeutico è tutt’altro che facile da reggere. Ma alternative non ne esistono. La mamma di Roma non è la sola che vive questa esperienza. Ogni giorno al day hospital vengono trattate quaranta pazienti. E l’équipe che le segue è composta da 30 persone: medici, psicologi, psicoterapisti e infermieri specializzati. Più una schiera di volontari. Tra loro c’è anche Gabriella, la madre di Erika, una ragazza che non è sopravvissuta all’anoressia. E così sua madre ha creato una associazione che porta il nome di Erika e dà sostegno alle famiglie che approdano al Niguarda travolte dal dramma dell’anoressia.
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