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Mieloma multiplo: un farmaco riduce la progressione della malattia

Presentati i risultati dello studio che promuove l'uso di un anticorpo monoclonale da affiancare alla terapia tradizionale

Il mieloma multiplo è un tumore del midollo osseo che colpisce prevalentemente le persone anziane. Il trattamento prevede attualmente una combinazione di tre farmaci. Quando interessa pazienti più giovani può essere utilizzato il trapianto di cellule staminali.

Mieloma multiplo: i risultati della sperimentazione con isatuximab

Al Congresso americano di oncologia ASCO è stato presentato uno studio che dimostra come l’aggiunta di isatuximab, un anticorpo monoclonale, riduca il rischio di progressione di malattia o di morte del 40% rispetto ad altre combinazioni. I risultati sono stati condivisi all’ASCO e contemporaneamente pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine.

Gruppo San Donato

Terapia per pazienti non eleggibili al trapianto

«I risultati dello studio IMROZ confermano il potenziale di isatuximab come nuovo caposaldo nel trattamento del mieloma multiplo di nuova diagnosi. I dati mostrano infatti un significativo vantaggio in termini di sopravvivenza libera da progressione di malattia in pazienti non eleggibili al trapianto» spiega Michele Cavo, Direttore dell’UOC di Ematologia “Seragnoli” – IRCCS, AOU Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna, Università degli Studi di Bologna e Principal Investigator di IMROZ per l’Italia.

«Questo beneficio ottenuto nella prima linea di terapia contribuisce al potenziale miglioramento globale degli esiti a lungo termine di una malattia curabile, ma ancora non guaribile e con una elevata probabilità di discontinuazione nelle linee di trattamento successive alla prima».

Presto la decisione delle agenzie internazionali del farmaco

La Food and Drug Administration statunitense ha accettato di esaminare la domanda per l’uso sperimentale di isatuximab in combinazione con l’attuale terapia e il dossier è in revisione anche nell’Unione Europea.

«Oltre all’elevata risposta dei pazienti, per cui possiamo parlare di malattia minima residua, sono notevoli i dati riguardanti il mantenimento della risposta, ottima, profonda e duratura» commenta Maria Teresa Petrucci, Dirigente Medico dell’Azienda Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma.

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