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Michelangelo ha vinto l’artrosi per dipingere la Cappella Sistina

La diagnosi emerge dallo studio dei suoi ritratti, che mostrano le articolazioni delle mani gonfie e deformi

Arrugginiti per colpa dell’artrosi? Tenete duro e cercate di muovervi il più a lungo possibile. E’ così che il grande Michelangelo ha vinto la malattia che gli deformava le mani riuscendo perfino a dipingere un capolavoro come il Giudizio Universale sopra l’altare della Cappella Sistina. Tutto merito dell’incessante lavoro con martello e scalpello, dunque, che gli ha permesso di tenere in esercizio le mani mantenendo l’elasticità delle articolazioni fino all’ultimo, tanto da abbandonare gli strumenti di lavoro solo sei giorni prima di morire alla soglia degli 89 anni.

La diagnosi emerge a più di cinque secoli di distanza da tre ritratti del grande artista rinascimentale, analizzati da un gruppo internazionale di esperti formato da Marco Matucci-Cerinic, reumatologo dell’Università di Firenze, Donatella Lippi, esperta di storia della medicina dello stesso ateneo, Manuel Francisco Castello e Davide Lazzeri, specialisti di chirurgia plastica della Casa di Cura Villa Salaria a Roma, e GeorgeM. Weisz, specialista in ortopedia dell’Università del New England, in Australia.

Gruppo San Donato

Lo studio, pubblicato sul Journal of the Royal Society of Medicine, ha preso in esame le mani di Michelangelo così come sono state dipinte in tre ritratti dell’artista: quello realizzato da Jacopino del Conte nel 1535, quello di Daniele da Volterra datato 1544 (probabilmente una copia dell’opera di Del Conte), e infine il ritratto postumo fatto da Pompeo Caccini nel 1595. Tutte e tre le opere mostrano un Michelangelo sessantenne, con le articolazioni della mano sinistra deformate e tumefatte.

«Dalla letteratura emerge chiaramente che Michelangelo aveva problemi articolari», spiega Lazzeri. Lo stesso maestro rinascimentale si era lamentato in una lettera del 1552, indirizzata al nipote Leonardo, dicendo: “lo scrivere m’è di gran fastidio”.

«In passato si era ipotizzato che ciò fosse riconducibile alla gotta, ma la nostra analisi dimostra che questa teoria va scartata», aggiunge Lazzeri. Dalle immagini non emergono segni di infiammazione articolare né di tofi, i tipici noduli bianco-giallastri fatti di cristalli di acido urico che possono depositarsi sotto pelle nei pazienti con gotta.

«La diagnosi di artrosi offre una spiegazione plausibile per la perdita di destrezza che Michelangelo ha manifestato in tarda età – prosegue l’esperto – e fa addirittura risaltare il suo trionfo sull’infermità, dal momento che l’artista ha continuato a lavorare fino alla fine dei suoi giorni: i suoi collaboratori lo hanno stato visto martellare la Pietà Rondanini fino a sei giorni prima della sua morte avvenuta nel 1564, tre settimane prima del suo 89esimo compleanno. Proprio il lavoro continuo e intenso potrebbe averlo aiutato a mantenere l’uso delle mani il più a lungo possibile».

di Elisa Buson

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