Made in Carcere è un progetto di economia circolare, riparativa e rigenerativa che trasforma i tessuti di scarto in prodotti di design originali e colorati, offrendo ai detenuti percorsi di formazione e lavoro. L’iniziativa non solo riduce gli sprechi, ma dà anche un’altra possibilità alle persone, migliorando le loro competenze e favorendo il loro reinserimento nella società.
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Come nasce Made in Carcere?
Dopo una carriera ventennale nel mondo della finanza, nel 2006 Luciana Delle Donne, Ceo e Founder di Made in Carcere, decide di dedicarsi a una nuova missione. Fonda Officina Creativa, una cooperativa sociale non a scopo di lucro, per diffondere modelli culturali innovativi che promuovano il cambiamento e l’inclusione sociale. Il primo progetto che ha avviato è stato proprio Made in Carcere, il quale ha avuto inizio nella sezione femminile del carcere di Lecce. Successivamente, l’iniziativa si è ampliata coinvolgendo anche uomini e minori e si è estesa ad altri istituti penitenziari, come quelli di Trani, Matera, Bari e Taranto.
Made in Carcere: dare una seconda vita ai tessuti di scarto
Luciana Delle Donne racconta come le prime difficoltà abbiano rafforzato la sua determinazione a continuare: «quando abbiamo cominciato, avevo brevettato un collo di camicia. Poi, tutte le detenute sono uscite con l’indulto. Allora ho pensato di non impegnarmi più in percorsi di formazione di lunga durata, ma accorciare i tempi e insegnare a fare delle cuciture dritte. Dicevo sempre, facciamo le cuciture dritte che raddrizzano le cuciture storte della vostra vita».
«L’idea era quella di insegnare delle cuciture facili di gadget, borse, sacche, che fossero semplici da realizzare. Ho chiesto in giro ad amici se avessero dei tessuti da donare perché dovevamo fare delle prove. Così, all’improvviso, i magazzini erano pieni di materiali e rimanenze. Le aziende hanno cominciato a donare, e donano ancora, tessuti stupendi. Capiscono che in questo modo il tessuto può vivere una seconda vita».
«Inoltre, stiamo creando un emporio sociale dove associazioni, onlus e organizzazioni no profit, possano prendere pezzi di tessuti per creare borse, cuscini o altri accessori, che possono poi rivendere per diventare autonome e indipendenti».
Made in Carcere: sostenibilità, inserimento lavorativo e inclusione sociale
«Noi raccogliamo i materiali di recupero, li cataloghiamo, li tagliamo e li mandiamo nelle varie carceri dove si cuciono i prodotti che poi vengono venduti. Le donne detenute percepiscono un regolare stipendio e in questo modo hanno la possibilità di sostenere e mantenere la propria famiglia. Ma ci sono anche gli uomini e i minori, i quali vengono coinvolti nella produzione di biscotti, le “Scappatelle“. Oltre ai laboratori all’interno delle carceri, Made in Carcere supporta attualmente circa venti sartorie sociali di periferia sparse in tutta Italia».
L’importanza del lavoro contro la recidiva
«Secondo la statistica, il 70% delle persone che non ha un’esperienza lavorativa in carcere torna in carcere». Mentre, come spiega Luciana Delle Donne, il lavoro abbatte significativamente il tasso di recidiva: «nel nostro caso, quasi il 100% delle persone che ha lavorato per noi non è tornata in carcere». Questo rappresenta un risparmio significativo per la comunità, riducendo i costi sia economici che sociali, e dimostra come il lavoro creativo possa essere un potente strumento di riabilitazione e reinserimento sociale.
Il concetto di “Benessere Interno Lordo”
«Nell’ambito di un progetto finanziato dalla Fondazione Con il Sud, che coinvolge anche altre cooperative, tramite questionari qualitativi e quantitativi siamo andati a monitorare la forza del Benessere Interno Lordo (BIL). Con queste indagini abbiamo misurato l’autostima dei partecipanti e la loro fiducia in sé stessi, per verificare se il lavoro potesse essere una medicina curativa. Perché io vorrei cambiare il paradigma per cui bisogna pensare solo profitto. Il mio obiettivo, dopo diciassette anni di volontariato in questo progetto, era dimostrare che ciò che conta davvero non è il profitto o lo stipendio, ma il benessere».
Made in Carcere: la collaborazione con l’Università Luiss Guido Carli
«Undici anni fa abbiamo stipulato una convenzione con l’Università Luiss di Roma, grazie alla quale, ogni anno, dai cinque agli otto dei loro studenti vengono a Lecce per fare un mese di tirocinio formativo in carcere. Questo permette loro di comprendere profondamente cosa significhi la rinuncia alla libertà, per evitare di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato».