
In Italia vivono 38.000 persone con sindrome di Down. Per fortuna ci sono buone notizie: l’aspettativa di vita è aumentata in modo significativo. Basti pensare che negli anni Settanta si fermava a 20 anni, mentre oggi è triplicata, fino a raggiungere i 60 anni, con alcune persone che raggiungono anche i 70 anni. In Italia, circa il 61% delle persone con sindrome di Down ha più di 25 anni, dimostrando come le cure e il supporto adeguato abbiano migliorato la longevità.
In questo articolo
Perché l’aspettativa di vita è aumentata?
I principali fattori che hanno contribuito a questo miglioramento sono:
- Gestione delle patologie associate: cardiopatie, disturbi respiratori, problemi endocrinologici e immunitari sono oggi trattati con maggiore efficacia.
- Migliori cure mediche e assistenza clinica.
- Integrazione in attività socio-culturali, sportive e artistiche, fondamentali per lo sviluppo neurocognitivo.
Nonostante i progressi, molte famiglie si fanno ancora carico di gran parte dell’assistenza. Per il futuro, la ricerca punta allo sviluppo di trattamenti farmacologici mirati per migliorare ulteriormente la qualità della vita delle persone con sindrome di Down.
Cos’è la sindrome di Down?
La causa della sindrome di Down dipende dalla triplicazione del cromosoma 21 (trisomia 21), che porta a una sovrapproduzione di proteine codificate dai geni presenti su questo cromosoma. Questo squilibrio influisce sul funzionamento delle cellule, comprese quelle cerebrali, determinando le alterazioni cognitive tipiche della sindrome.
Aspettativa delle persone con sindrome di Down e nuove terapie in fase di sperimentazione
Mai prima d’ora la ricerca sulla sindrome di Down aveva registrato un progresso così rapido. Attualmente in Italia sono attivi due trial clinici:
- Progetto ICOD: finanziato dall’Unione Europea, testa l’efficacia di una molecola che inibisce il recettore CB1 per i cannabinoidi su adolescenti e adulti.
- Studio presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma: focalizzato sull’effetto del farmaco bumetanide nei bambini.
Entrambe le ricerche mirano a verificare la sicurezza e l’efficacia di questi trattamenti nel migliorare la memoria e l’apprendimento, aumentando l’autonomia e la qualità della vita delle persone con sindrome di Down.
Il legame tra sindrome di Down e Alzheimer
Le persone con sindrome di Down hanno un rischio superiore al 90% di sviluppare la malattia di Alzheimer. L’esordio avviene in media a 50-55 anni, circa 15 anni prima rispetto alla popolazione generale. Questo fenomeno è legato alla presenza del gene APP sul cromosoma 21, responsabile della produzione di beta-amiloide, la proteina coinvolta nelle placche senili tipiche dell’Alzheimer.
Attualmente, sono in corso diversi trial clinici per testare farmaci che potrebbero rallentare o prevenire lo sviluppo della malattia nelle persone con sindrome di Down, tra cui lo studio ABATE, lo studio HERO e lo studio ALADDIN.
L’insulino-resistenza e il cervello delle persone con sindrome di Down
Un’importante linea di ricerca riguarda la resistenza all’insulina nel cervello, nota anche come “diabete di tipo 3“. Studi recenti hanno dimostrato che questa condizione è un fattore di rischio per il declino cognitivo e l’Alzheimer.
Presso l’Università La Sapienza, gli scienziati hanno isolato vescicole extracellulari di origine neuronale, analizzandone il contenuto per verificare la presenza di marcatori di insulino-resistenza. Questa scoperta potrebbe portare allo sviluppo di nuovi trattamenti per prevenire il declino cognitivo nelle persone con sindrome di Down.
Inclusione lavorativa e sociale: una sfida ancora aperta
Nonostante i progressi, sono ancora troppo poche le persone con sindrome di Down che riescono a ottenere un impiego stabile. Persistono molti pregiudizi nei confronti delle disabilità intellettive.
La ricerca scientifica svolge un ruolo chiave nel migliorare la comprensione dei meccanismi biologici alla base della sindrome di Down, fornendo strumenti per garantire una migliore qualità di vita e inclusione sociale.
Leggi anche…
None found