Intervista di Lorenzo Mannella,
blogger di GALILEO
Questa estate, l’inquinamento delle acque nostrane ha colpito uno dei prodotti più diffusi sulle tavole degli italiani: le cozze. L’Asl di Taranto ha infatti vietato la pesca e la vendita dei mitili allevati nel golfo interno della città – il Mar Piccolo – dopo il ritrovamento al loro interno di tracce troppo elevate di composti altamente tossici come Pcb (policlorobifenili) e diossine.
Secondo le analisi effettuate dall’Istituto zooprofilattico di Teramo, i livelli di Pcb hanno infatti superato la soglia massima degli 8 picogrammi per grammo (pg/g) previsti per legge, raggiungendo quota 10,5 pg/g. Quanto basta per imporre lo stop immediato ai mitili provenienti da 24 dei 103 allevamenti della zona, che non potranno più raggiungere le tavole fino a nuovo ordine. Ma quali sono i rischi legati al consumo dei prodotti appena pescati? Lo abbiamo chiesto a Catherine Leclercq (puoi chiederle un consulto), responsabile del programma Sorveglianza del rischio alimentare presso l’Inran (Istituto Nazionale per la Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione).
Dottoressa Leclercq, quanto è diffuso l’inquinamento da Pcb e diossine?
«In Europa, per quanto riguarda le diossine e i Pcb diossina-simili, il livello di inquinamento è sceso a partire dagli anni Settanta, in seguito all’adozione di una serie di provvedimenti speciali. Gli allarmi sono diventati più frequenti anche perché la trasmissione dell’informazione è sempre più efficace, e il sistema di allerta rapida ci permette di essere messi al corrente di situazioni anomale che si verificano in qualsiasi paese dell’Unione. Un fatto molto positivo per la tutela della salute dei consumatori, perché possiamo far ritirare immediatamente dal commercio i prodotti alimentari potenzialmente dannosi».
Si parla di alti contenuti in Pcb. Perché queste sostanze sono tanto pericolose?
«Alcune di queste sostanze sono cancerogene per l’essere umano anche se assunte in piccolissime quantità. Inoltre, i Pcb sono interferenti endocrini, cioè si comportano come se fossero ormoni. I livelli di contaminazione nella nostra dieta sono troppo elevati, perché questi composti si accumulano lungo tutta la catena alimentare. Le diossine e i Pcb si concentrano nei grassi animali, e ne troviamo quindi piccole quantità nelle uova, nel latte e nei suoi derivati, nella carne e nei prodotti ittici. Tra questi ultimi, i frutti di mare e i grandi pesci carnivori sono quelli che accumulano di più questi contaminanti».
Quali sono le zone d’Italia in cui i mitili sono maggiormente esposti al rischio di inquinamento da Pcb?
«I limiti di legge sono gli stessi in tutta l’Unione Europea. La zona dove il livello di contaminazione è più elevata è il Mar Baltico; qui, infatti, sono state concesse delle deroghe per potere commercializzare salmone e aringa con livelli al di sopra dei limiti. Non esistono però deroghe del genere per i mitili, motivo per cui gli allevamenti di Taranto sono stati messi sotto sequestro. Tuttavia, non è possibile definire delle aree a rischio semplicemente sulla base dei monitoraggi, perché non vengono svolti con criteri omogenei. Per questo motivo, nel rapporto Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza degli Alimenti) del 2010, si spiega che i risultati non permettono di evidenziare chiaramente né le zone (ad eccezione del Mar Baltico) né le singole specie più a rischio».
Ma se è così, è il caso di consumare prodotti ittici?
«I bambini piccoli, le donne in gravidanza e in allattamento sono i gruppi di popolazioni per i quali è particolarmente importante il consumo di prodotti della pesca come fonte di acidi grassi a catena lunga. D’altronde, sono anche i gruppi più sensibili alle diossine. È quindi opportuno che consumino i prodotti ittici meno contaminanti, e cioè i piccoli pesci azzurri. Devono limitare il consumo di grandi pesci carnivori ed escludere i frutti di mare. Consumare piccoli pesci azzurri è anche meno dannoso da un punto di vista ambientale. Inoltre, è importante consumare prodotti della pesca molto freschi ed evitare il consumo di prodotti crudi. Questa regola è fondamentale per i bambini, gli anziani e le donne in gravidanza».
Lorenzo Mannella
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