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Immunoterapia oncologica: disponibile in Italia la versione sottocute

Grandi vantaggi per questa nuova versione sia per il paziente, sia per la struttura sanitaria

L’immunoterapia “attiva” il sistema immunitario per colpire il tumore e si è dimostrata estremamente efficace, rivoluzionando l’approccio alla malattia, finora basato principalmente sulla chemioterapia, e modificando la sopravvivenza dei pazienti, soprattutto negli stadi avanzati del tumore.

Nuovo farmaco per l’immunoterapia sottocutanea

Queste terapie generalmente vengono somministrate con un’infusione endovenosa che richiede dai 30 ai 60 minuti, ma oggi è disponibile la prima immunoterapia antitumorale per iniezione sottocutanea. Il farmaco si chiama atezolizumab e grazie alla nuova formulazione sottopelle, il tempo di somministrazione si riduce a circa sette minuti.

Gruppo San Donato

«L’autorizzazione da parte di AIFA-Agenzia Italiana del Farmaco permette ora la somministrazione sottocute di atezolizumab in sette minuti, creando un vantaggio in termini di semplificazione sia per il paziente sia per la struttura sanitaria, perché garantisce una maggiore efficienza e sostenibilità gestionale, rendendo il trattamento più compatibile con le dinamiche del day hospital» spiega Filippo de Marinis, Presidente AIOT-Associazione Italiana di Oncologia Toracica e Direttore della Divisione di Oncologia Toracica all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano.

Efficacia e sicurezza identiche tra le due versioni

«I risultati hanno dimostrato la stessa efficacia e sicurezza della formulazione sottocute rispetto a quella endovena, con una forte preferenza dei pazienti e degli operatori sanitari». Gli studi clinici hanno dimostrato che i pazienti preferiscono la modalità sottocute, trovandola più confortevole e meno invasiva, ma anche le strutture sanitarie possono trarre benefici da questa opzione.

«La diminuzione dei tempi rappresenta un vantaggio non soltanto per i pazienti, ma permette di trattare più persone, circa il 50% in più, in una sola giornata» conferma Massimo Iavarone, Professore Associato di Gastroenterologia  dell’Università degli Studi di Milano. «Se si considera, inoltre, il benessere dei pazienti, soprattutto per coloro che devono eseguire trattamenti combinati, poter effettuare una somministrazione endovenosa può rappresentare un miglioramento, poiché questo tipo di trattamento è meno invasivo e più tollerabile».

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