Ilaria Di Roberto, 30 anni, vive con la madre e la sorella a Cori (Latina). Diplomata al liceo socio-pedagogico, ha pubblicato Anima, una raccolta di 35 poesie autobiografiche (2016, Casa Editrice Black Wolf Edition e Publishing) e in questi mesi pubblicherà Tutto ciò che sono, con la casa editrice Europa Edizioni, libro di carattere autobiografico sul tema della violenza psicologica e fisica.
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Prima utilizzavo il cibo per colmare un vuoto
Più di 25 chili persi nel giro di due mesi. Da 70 che pesavo, sono arrivata ad appena 43. Nel vortice dell’anoressia sono scivolata a 12 anni: fin da bambina sono stata in sovrappeso, utilizzavo il cibo per colmare l’assenza di mio padre. Mi abbuffavo e, specialmente nei momenti di solitudine, c’era sempre un panino a soccorrermi. A scuola gli episodi di bullismo per il mio aspetto fisico erano sempre più frequenti: sono stata picchiata e ostracizzata durante tutto il mio percorso scolastico finché, un giorno, qualcosa dentro di me si è rotto.
Poi si è rotto qualcosa e ho deciso che sarei diventata magra
Ero alle medie e una mattina, già bersaglio di offese e derisioni, fui spinta da un compagno contro l’armadietto di ferro che si trovava in fondo alla classe, sbattendo la testa. Le risate degli altri e l’umiliazione fecero scattare una molla in me: in quel momento decisi che sarei diventata magra. Così il cibo, che per me rappresentava il mio più grande conforto, diventò il mio peggior nemico, una minaccia che mi allontanava dalle mie aspettative di accettazione da parte degli altri. Avevo paura di mangiare anche solo un biscotto o addirittura una mela, ero arrivata a temere che persino lo sciroppo per il mal di gola mi avrebbe fatto ingrassare. Perdevo peso velocemente, ma altrettanto rapidamente le mie difese immunitarie si abbassavano, così come la mia vista e la pressione sanguigna. Le mestruazioni scomparvero nel giro di poco tempo.
Perdevo peso per non essere bullizzata
Mia madre venne convocata dai professori che avevano notato delle anomalie nei miei comportamenti: a ricreazione buttavo la merenda oppure mi chiudevo nei bagni della scuola a vomitare. La mia concentrazione risentiva della mia debolezza e, di conseguenza, il mio rendimento scolastico peggiorava nel tempo. Mamma decise di portarmi dal medico di famiglia. Mi lasciai trascinare, ma rifiutavo di andare da un nutrizionista e il pensiero di dover mangiare con maggiore frequenza mi generava attacchi di panico. Il percorso psicoterapeutico che ho iniziato allora, invece, è stato determinante per fermare l’ingranaggio dei meccanismi malati che si erano innescati nella mia mente e che mi portavano a vedermi grassa nonostante fossi ormai molto magra. Affidarsi a dei seri professionisti è l’unico modo per affrontare l’anoressia e riuscire a lottare contro una malattia così subdola che lascia cicatrici profonde sia a livello fisico sia psichico.
La scrittura e la danza sono state un’ancora di salvezza
La scrittura e la danza, che pratico da quando ero adolescente, sono due mie grandi passioni e hanno giocato un ruolo chiave per ridefinire la mia identità erosa dall’anoressia. Oggi, purtroppo, mantenere la concentrazione o ballare a volte è difficile a causa dei danni che la malattia mi ha provocato: nei periodi di stress sento la mente offuscata, così come i miei muscoli fanno fatica a resistere se sottoposti a sforzi prolungati. Oltretutto, pago le conseguenze di alcune pessime abitudini che ho avuto per qualche anno, dall’assumere acceleratori metabolici prima dei pasti fino a ingurgitare limone e bicarbonato per perdere peso, pericoloso stratagemma che, anziché farmi dimagrire, mi ha lesionato il tratto faringeo, tanto che oggi soffro di reflusso gastrico. Anche la pelle rilassata, dovuta all’eccessivo e non salutare dimagrimento, a volte mi fa sentire a disagio e perennemente in lotta con il mio corpo.
Vittima di revenge porn, ho provato anche a farla finita
Negli anni più recenti sono stata vittima di revenge porn e ho avuto ricadute nell’anoressia. Lo stress per gli attacchi e le violenze subite in rete mi hanno portato per due volte a commettere gesti estremi per farla finita. Grazie alla mia famiglia ho però capito che avrei potuto trasformare il mio difficile vissuto in un messaggio utile per altre vittime di bullismo, cyberbullismo e disturbi alimentari: ho iniziato una collaborazione con una casa discografica locale per un progetto no profit a sostegno delle violenza contro le donne, che si è concretizzata in un videoclip intitolato Abbassa la voce, ispirato a uno dei monologhi contenuti nel mio libro Anima e che affronta il tema degli abusi domestici. Purtroppo alcuni dei miei carnefici sul web sono hackers e hanno bloccato questo mio progetto benefico, impedendomi, oltre che di stare bene, anche di poter fare del bene. Ma ho imparato a non arrendermi, grazie soprattutto all’esempio e alla forza di mia madre, il cui aiuto è stato fondamentale per continuare a combattere ogni giorno l’anoressia.