Il ginocchio vi tormenta con fitte e doloretti? Dimenticate pomate e antinfiammatori: se foste stati uomini preistorici, vi sareste fatti un bel tatuaggio. Proprio come Oetzi, il cacciatore preistorico vissuto più di 5.000 anni fa durante l’Età del Rame, il cui corpo è stato rinvenuto mummificato nel 1991 sul ghiacciaio del Similaun, nelle Alpi Venoste, al confine tra Austria e Italia.
Sulla schiena e sulle gambe, Otzi aveva linee e croci disegnate con tagli sottili sulla pelle. Molti esperti hanno letto questo indizio come la prova di un’agopuntura ‘ante litteram’, usata per combattere i dolori articolari di cui potrebbe aver sofferto un gran camminatore come lui. Questa ipotesi è ora nuovamente al vaglio dopo la recente scoperta di un nuovo tatuaggio, identificato sul torace della mummia durante una complessa operazione di mappatura di tutti i suoi tattoo, effettuata con una tecnica fotografica non invasiva dai ricercatori dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’EURAC di Bolzano.
Ma che significato avevano i tatuaggi per l’uomo preistorico? E cosa è cambiato con il passare dei secoli fino ai giorni nostri? Lo abbiamo chiesto a Giovanna Salvioni, docente di antropologia culturale ed etnologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Nel passato i tatuaggi venivano considerati come una terapia?
In alcuni casi i tatuaggi potevano avere un valore medicamentoso. Già il segno che veniva inciso sulla pelle poteva essere considerato curativo perché dotato di potere magico. Dobbiamo poi pensare che durante la tatuatura potevano forse essere introdotte sotto pelle delle sostanze vegetali dotate di un certo effetto terapeutico. Ad oggi non sappiamo esattamente quali fossero le conoscenze di medicina empirica di questi nostri antenati: possiamo pensare però che usassero già piante specifiche per combattere dolori come il mal di testa o per indurre uno stato di ebbrezza.
Quali altri significati avevano i tatuaggi?
I tatuaggi hanno certamente assunto significati differenti a seconda delle popolazioni e delle epoche storiche. Nei popoli “primitivi”, di ieri ma anche di oggi (come ad esempio gli Indios amazzonici), sono frequenti pitture corporali, scarificazioni (tatuaggi per incisione) e forature dei lobi delle orecchie e delle labbra, che richiamano elementi naturali o sono imitazioni delle qualità degli animali: questo vuole sottolineare che tutti i viventi stanno a uguale titolo sulla Terra, ma vuole anche ricordare che, nei miti di creazione, le divinità hanno spesso sembianze di animali. I tatuaggi per puntura e quelli per incisione, invece, sono considerati come una dolorosa prova di coraggio che segna importanti momenti di passaggio nelle tappe della vita, come quello all’età adulta.
Quanto c’è ancora di primitivo nei tatuaggi moderni?
Con il passare del tempo è cambiato tutto, o forse nulla. Oggi le persone hanno un atteggiamento più “laico”, come quando si tatuano per seguire una moda. In realtà, però, le motivazioni profonde che inducono a farsi un tatuaggio sono sempre le stesse, anche se forse le abbiamo un po’ perse di vista: c’è ancora la voglia di comunicare attraverso il proprio corpo, scrivendolo come la pagina bianca di un libro, ma anche la voglia di segnalare l’appartenenza ad un gruppo e di fissare un momento importante della nostra vita con un segno permanente che viene ottenuto superando una dolorosa prova di coraggio.