Vagina, utero, cervice, tube di Falloppio e ovaie: c’è proprio tutto nel primo mini apparato riproduttivo femminile ricreato in 3D. Il sistema, fatto con tessuti umani, è pienamente funzionante ed è così piccolo da stare sul palmo di una mano: in futuro potrà essere impiegato per sperimentare terapie personalizzate contro fibromi, endometriosi, infertilità e tumori ginecologici. Lo hanno sviluppato negli Stati Uniti i ricercatori della Northwestern University, che pubblicano i risultati dei loro studi su Nature Communications.
Un modello in miniatura
L’apparato riproduttivo femminile in miniatura si chiama EVATAR. Simile ad un piccolo cubo, contiene tutte le componenti anatomiche fondamentali, che comunicano fra loro attraverso la secrezione di ormoni: ad “alimentarle” è un fluido simile al sangue, distribuito all’interno del sistema grazie ad una piccola pompa. «Questo mima esattamente quello che accade all’interno del corpo umano», spiega la coordinatrice dello studio, Teresa Woodruff. «Ci aiuterà a sviluppare trattamenti personalizzati – aggiunge – e consentirà di scoprire come le donne metabolizzano i farmaci rispetto agli uomini».
Fibromi e non solo
EVATAR non può sostenere una gravidanza, ma certamente faciliterà lo studio di problemi femminili molto comuni, come l’endometriosi, i fibromi e alcuni tipi di tumore. «Tutte queste condizioni sono alimentate dagli ormoni e ancora non sappiamo esattamente come affrontarle, al di là dell’opzione chirurgica», spiega la ricercatrice Joanna Burdette, che aggiunge: «il nuovo sistema ci aiuterà a studiarne meglio le cause e le possibili terapie». Anche la ricerca sui tumori ginecologici potrebbe subire una forte accelerazione grazie all’impiego di EVATAR, perché questo nuovo modello consente di studiare le cellule malate non appiattite e isolate su vetrini di laboratorio, ma in una condizione molto simile a quella realmente presente nel corpo umano.
Verso la medicina personalizzata
L’apparato riproduttivo femminile in miniatura è solo uno dei progressi verso la cosiddetta medicina personalizzata, che in un futuro non troppo lontano permetterà di studiare le cause delle malattie e la risposta ai farmaci usando direttamente le cellule prelevate dai pazienti stessi. «Se avessi le staminali di una paziente e potessi usarle per riprodurre il suo cuore, così come il fegato, i polmoni o l’ovaio – spiega Woodruff – potrei testare dieci farmaci differenti a dieci diversi dosaggi, in modo da poterle dire “questo è il farmaco giusto che ti aiuterà per l’Alzheimer o il Parkinson o il diabete”. Questo è il massimo della medicina personalizzata, un modello del tuo corpo per sperimentare i farmaci».
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