Giorgio Rocca, che nel 2006 ha vinto la coppa del mondo di slalom, ha fondato tre ski academy, a Livigno (Sondrio) e in Svizzera, a Sankt Moritz e Crans-Montana. È da poco uscita in libreria la sua autobiografia Slalom (Hoepli). A OK Salute racconta della sua esperienza con l’ipnosi.
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Sono stato uno dei primi ad affidarmi a uno psicologo
Tutti mi prendevano per pazzo. Il motivo? Mi ero rivolto a uno psicologo. All’epoca, parliamo di circa vent’anni fa, non era una pratica così normale chiedere aiuto a uno specialista per dubbi o problematiche legate alla mente. Ora, invece, ognuno di noi ha amici o parenti che si recano abitualmente dallo psicologo, anche solo per avere una visione più lucida della vita. Persino gli atleti che di recente sono stati protagonisti di grandi vittorie hanno dichiarato di aver raggiunto quei risultati anche grazie al supporto di un mental coach, che è stato capace di tirare fuori il meglio da loro stessi.
Spinto anche io da questa necessità, all’età di 24 anni mi affidai a uno psicologo. Io sapevo che atleticamente ero performante e che avevo tutte le carte in regola per poter vincere. Eppure non ci riuscivo, o meglio non come avrei voluto. Ambivo ad altri risultati e dentro di me sentivo una grande forza e un fuoco che, però, nel momento della gara si rivelavano totalmente inutili. Arrivavo alla linea di partenza e dopo pochi metri dal via sentivo già di non essere in grado di controllare le emozioni e, sopraffatto da esse, la resa risultava davvero mediocre. Era un’incapacità che molto probabilmente si ripercuoteva anche nella vita privata, tant’è che alcune volte mi sentivo in balia degli eventi e incapace di decidere lucidamente rispetto a circostanze, impegni e amici veri di cui circondarmi.
Vinsi molte più gare di prima
Lo specialista a cui mi rivolsi, che ora ricopre il ruolo di psicologo della Juventus, attuò su di me la pratica dell’ipnosi: fu un grande sacrificio allenare la mente anziché i muscoli perché, nonostante i successi, non ero capace di credere in me stesso fino in fondo e quindi di dare il massimo. E pensare che per arrivare a quel punto avevo fatto affidamento solo sulla mia autostima; ero un bambino in sovrappeso che era riuscito a trasformare la propria fisicità da oggetto di bullismo a mezzo per la gloria sportiva. Giuseppe Vercelli, il mio psicologo, cercò di risvegliare questa mia forza interiore, convertendo così la paura in benzina. Nello specifico mi insegnò una pratica molto semplice da mettere in atto: al momento della partenza dovevo stringere fortissimo l’impugnatura delle racchette e poi allentare la presa nei metri successivi. In quel momento era come se schiacciassi un bottone in grado di attivare il giusto circuito emotivo, ogni sensazione percorreva la strada giusta. Questo metodo, apparentemente banale ma efficace, riuscì a produrre i suoi risultati, tant’è che io davvero vinsi molte più gare di quelle che avevo conquistato fino a pochi mesi prima.
Ho iniziato ad avere una diversa visione delle difficoltà
Al di là dei risultati da atleta, però, il lavoro portato a termine con il dottor Vercelli mi ha permesso, con il passare degli anni, di avere una diversa visione delle difficoltà, private e professionali, e pertanto anche una più concreta chiave di lettura. La capacità di saper gestire i momenti di crisi e una ritrovata consapevolezza di me stesso mi ha dato l’opportunità di arrivare a determinate conquiste sul piano lavorativo e a considerare anche la più difficile delle sfide come realizzabile. Inoltre, il duro lavoro fatto sulle mie emozioni mi ha trasformato in una persona più empatica e capace di cogliere tutte quelle difficoltà che io stesso provavo da giovane ma che gli altri, invece, non riuscivano a vedere.
Giorgio Rocca