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Francesca Neri: «Per il dolore cronico ho anche pensato al suicidio»

La sofferenza fisica causata dalla cistite interstiziale l'ha portata a chiudersi in casa. Dopo aver provato inutilmente ogni rimedio, l'attrice ha accettato di convivere con la sua malattia

L’attrice Francesca Neri, 57 anni sposata con Claudio Amendola, è lontana dal set dal 2016 per motivi di salute. Oggi racconta la sua battaglia contro la cistite interstiziale.

Ho voluto dare voce a chi vive una situazione simile alla mia

Ho imparato a mie spese che bisogna dar retta al proprio corpo. Il mio corpo mi ha parlato, ma all’inizio io non sono stata capace di leggere i segnali che mi stava mandando, troppo concentrata all’esterno, tra gli impegni di lavoro e la famiglia. Un corpo inascoltato, però, prima o poi ti obbliga a fermarti. Oggi io lo conosco perfettamente, so leggere i segnali e la prossima volta non mi fregherà più. Scrivere è stata forse la vera terapia, la cosa che mi è servita di più. Ne è nato anche un libro, che ho intitolato Come carne viva, perché il mio racconto è senza filtri, ho deciso di non nascondere niente della mia esperienza con la cistite interstiziale. Se ho scelto di divulgare fatti così intimi è proprio perché volevo dare voce a chi ha vissuto o vive una situazione simile alla mia e attraverso questo racconto mettere un punto e andare oltre.

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Il mio lockdown è iniziato ben prima del marzo 2020

Tutto è cominciato almeno cinque anni fa, ma i segnali li avevo da tanto tempo. Ho sempre vissuto la mia vita in maniera viscerale, c’erano tanti aspetti che non mi andavano bene, che una persona ipersensibile come me vive e somatizza. Ma c’erano sempre tante cose da fare… C’erano il nuovo film, un altro progetto, la famiglia… Cercavo di andare avanti utilizzando farmaci. Allora non sapevo di avere una malattia per la quale non c’è cura. La cistite interstiziale, infatti, si presenta con dolori del tutto simili a quella che molte donne sperimentano nella loro vita. Ma la cistite «comune», essendo di origine batterica, se ne va prendendo l’antibiotico giusto. La mia sofferenza, invece, era continua e sfiancante. E il dolore fisico cronico ti fa perdere il controllo di te. Il periodo più buio è durato tre anni. Sono rimasta chiusa in una stanza di casa mia, a guardare serie tv e a giocare a burraco on line notti intere. Avevo scambiato la notte con il giorno e mi è capitato di perdere la lucidità. Io, che non avevo mai creduto ai social network, sono stata spesso in una chat di donne che soffrono della mia stessa patologia. In pratica, il mio lockdown era iniziato ben prima del marzo 2020. Quando è arrivato il confinamento per tutti con la pandemia sono stata meglio perché condividevo la situazione degli altri.

Per un secondo ho pensato al suicidio

Pian piano cominci a chiuderti perché ti vergogni, ne parli con le persone ma hai la sensazione che non ti credano fino in fondo. Cominci a disdire gli appuntamenti, perché senti che non puoi farcela. Tutti coloro che soffrono di malattie simili alla mia sono spesso considerati malati immaginari, a volte persino dai medici. La chiusura, poi, ti porta alla depressione, fino a quando anche i gesti estremi possono sembrarti una liberazione. Per un secondo ho pensato al suicidio, ma ho capito che ci vuole un coraggio enorme e io per fortuna non ce l’ho avuto. Subito dopo mi sono attaccata ancora di più alla vita. Il vero problema con amici e familiari è che ci sei, ma non ci sei davvero. Non è che te ne sei andata, ma non significhi nulla di quello che hai significato fino a quel momento. Non ti senti più una moglie, una madre, una professionista. Vorresti almeno preservare i tuoi cari: vederli soffrire ti fa ancora più male. Per questa ragione ti isoli.

Ho accettato di dover convivere con una malattia cronica

Intanto i miei sintomi si facevano sempre più gravi. Per uscirne ho sentito vari medici ed esperti. Ho provato di tutto, dai farmaci all’agopuntura, dall’ayurveda fino all’ozonoterapia, ma nulla mi ha aiutata. Mi hanno addirittura proposto un massaggio intravaginale, ma era impensabile l’idea di farmi penetrare da uno sconosciuto. Del resto anche la mia intimità fisica è cambiata. Quando ho ricominciato a pensare al sesso, ho capito che ero ancora viva. Si inventa un nuovo modo di vivere la vita di coppia col tuo compagno, ti devi arrangiare. Poi ho preso consapevolezza, ho accettato di dover convivere con una malattia cronica. Ho trovato un equilibrio, che ho imparato a difendere a tutti i costi. Ho cominciato a rinunciare a cose e situazioni che potevano scatenare una reazione. L’aria condizionata, il caldo, certi cibi. La vescica è una parete e se viene lesionata si creano ferite interiori. Le conosco bene, perché le ho anche nell’anima.

Francesca Neri

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