Alla fine la Food and Drug Administration ha dato il via libera ufficiale al nuovo farmaco anti Alzheimer, il primo trattamento che rallenta la progressione della malattia. La vicenda di questo medicinale ha avuto una storia travagliata, con diversi stop and go, fino alla decisiva approvazione arrivata giovedì 6 luglio.
Nel gennaio scorso Leqembi, questo il nome del farmaco, aveva ottenuto un’approvazione accelerata da parte della FDA, ma l’ente regolatore dei farmaci degli USA aveva voluto verificare nuovamente i dati.
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Per chi è utile il nuovo farmaco anti Alzheimer?
La FDA ha approvato il farmaco solo per le persone che:
- mostrano i primi segni di Alzheimer,
- hanno dei danni cognitivi moderati,
- hanno una demenza moderata con la conferma di avere placche di amiloide nel cervello. Sappiamo che la malattia di Alzheimer è caratterizzata dalla presenza di placche di proteina beta-amiloide e grovigli neurofibrillari di proteina tau-iperfosforilata. Entrambe queste proteine iniziano ad accumularsi nel cervello diversi anni prima della comparsa dei sintomi clinici.
I numeri di Alzheimer in Italia
Si stima che circa 15% dei pazienti abbia queste caratteristiche. Alzheimer colpisce solo in Italia circa 600.000 persone ed è la forma di demenza più diffusa. Gli esperti sostengono che nei prossimi anni le cifre potrebbero aumentare anche in modo significativo. Ecco perché un farmaco che possa rallentare la progressione della patologia è fondamentale e visto come l’inizio di una nuova era.
Mancano dati sul nuovo farmaco anti Alzheimer per le persone con malattia avanzata
Chi vive forme più avanzate della malattia non si sa se possa avere benefici significativi dall’uso dei questo farmaco, che ne giustifichi una terapia, che ha anche effetti collaterali. Servono ulteriori approfondimenti, prima di prendere una decisione definitiva.
“Non è ancora una cura, ma inizia una nuova era”
Gli esperti tengono a sottolineare che non siamo ancora di fronte a una cura. Leqembi ha dimostrato di rallentare il declino cognitivo del 27 per cento. Una percentuale che al momento consente di dare più tempo ai pazienti per restare indipendenti e continuare la loro vita in modo autonomo.
Gli effetti collaterali
Il farmaco ha effetti collaterali e richiede un monitoraggio attraverso TAC cerebrale. Secondo i risultati della sperimentazione circa il 13% possa avere episodi di sanguinamenti cerebrali. In alcune persone questa situazione è ancora più grave. Si tratta di persone con particolari condizioni genetiche o che assumono farmaci per fluidificare il sangue.
Il farmaco viene assunto attraverso un’infusione da fare ogni quindici giorni.