Erica Astrea, 36 anni, vive a Teverola (Caserta) con i genitori. È fidanzata e diplomata in ragioneria, in
attesa di trovare un’occupazione. Sui social parla della sua malattia rara, la trimetilaminuria.
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Notavo un odore particolarmente acido sugli indumenti o dall’urina
Vergogna, imbarazzo, isolamento, ansia, depressione: per anni sono stati questi i miei compagni di vita. Nonostante mi lavassi in modo compulsivo, la gente intorno a me mi isolava oppure, rivolgendo lo sguardo verso di me, introduceva discorsi che avevano come oggetto l’igiene personale. Notavo un odore particolarmente acido sugli indumenti o dall’urina, ma non riuscivo a identificarlo con precisione, né i miei genitori, che probabilmente ne erano assuefatti fin dalla mia nascita. In treno capitava che la gente si spostasse in un altro vagone, in ufficio i colleghi aprivano porte e finestre anche d’inverno e a scuola di danza gli altri mi additavano cambiando sala.
Soffrivo anche di vari disturbi intestinali, dermatologici, infezioni alle vie urinarie e vaginali ricorrenti, fino a inevitabili problemi del tono dell’umore e ad attacchi d’ansia. Ma, non avendo individuato quale fosse il reale problema all’origine di tutti i miei mali, i diversi specialisti che consultavo non riuscivano a darmi cure efficienti, e riconducevano tutto a una questione psicosomatica.
Ho cercato sul web e ho scoperto la Tmau (trimetilaminuria)
È stato all’età di 30 anni che il mio ex fidanzato, spinto dalla volontà di aiutarmi, mi ha spiegato che in particolari momenti emanavo un odore simile a quello del pesce marcio: sapendo quanto fossi attenta all’igiene, aveva capito che doveva esserci una causa al di fuori del mio controllo. Abbiamo iniziato a cercare informazioni sul web e ho scoperto la Tmau (trimetilaminuria), una rara malattia metabolica che provoca un difetto nella normale produzione di un enzima chiamato FMO3.
A oggi non c’è cura, posso solo seguire una dieta particolare
L’emissione di cattivo odore diventa più forte dopo gli sforzi fisici, con l’aumento della temperatura e i cambiamenti dell’umore; nelle donne poi, tende ad aumentare prima o in concomitanza delle mestruazioni. Mi sono subito rivolta all’ospedale di Messina, dove sono stata indirizzata al laboratorio di genetica molecolare e qui ho ricevuto la diagnosi: nel mio caso, poiché si ipotizzava una forma ereditaria, è stato eseguito un test genetico e abbiamo così scoperto che entrambi i miei genitori sono portatori sani della malattia. Aver individuato la causa dei miei problemi però, non ha risolto la situazione perché a oggi non c’è cura, e questo mi ha inizialmente gettato nello sconforto.
Ci sono però vari accorgimenti che ho potuto adottare e che oggi fanno parte della mia vita quotidiana. La dieta, in particolare, è l’unico rimedio, ma bisogna escludere quasi tutti gli alimenti che contengono colina, carnitina, lecitina, cioè i precursori della Tma, tra i quali uova, pesce, carne, legumi, prodotti con lievito, cereali. È un regime molto rigido, che seguo ormai da quattro anni, insieme a brevi terapie a base di antibiotici (metronidazolo o neomicina) o di lattulosio. Non solo: uso antitraspiranti e saponi speciali, facendo attenzione che non contengano lecitina. Con cadenza mensile inoltre, eseguo gli esami di laboratorio per monitorare i valori che sono stati compromessi dalla malattia (emoglobina, sideremia, vitamine, colesterolo ecc.), e annualmente mi sottopongo a esami per verificare lo stato della contaminazione gastrointestinale.
Fondamentale il supporto psicologico
Non posso dire che sia facile e all’inizio mi sono rifiutata di ricevere supporto psicologico e farmacologico. Poi ho capito quanto fosse importante l’accettazione e l’integrazione della malattia e ancora oggi sono in terapia: vivo momenti difficili, non mancano i pensieri estremi, ma trovo sempre il modo per reagire. Questa malattia mi ha un po’ alla volta portato a rinunciare alle mie passioni, in particolare il ballo e altre attività che alimenterebbero il cattivo odore. Attualmente non lavoro, anzi la mia ultima esperienza si è conclusa male proprio a causa della mia malattia, ma spero di trovare presto un’occupazione, considerando che dai controlli medici, ai farmaci, ai prodotti per l’igiene personale, al cibo specifico, le spese sono molteplici e insostenibili. Purtroppo a oggi lo Stato non garantisce sussidi di alcun tipo, né riconosce la Tmau come una malattia invalidante.
Sui social ho aperto il canale «insieme per la TMAU – Trimetilaminuria»
Al momento non esiste nemmeno un’associazione di riferimento per i pazienti, ma ho intenzione di costituirla; nel frattempo è stata creata dall’Università di Messina una sezione dedicata alla Tmau, mentre «insieme per la TMAU – Trimetilaminuria» è il nome delle pagine sui social da me create e gestite direttamente da me, al fine di divulgare la conoscenza della malattia, ma anche come riferimento diretto per maggiori informazioni. Raccontare pubblicamente la mia storia è stato molto difficile e non sono mancate pesanti offese, anche se tanti sono stati i messaggi di solidarietà, vicinanza, affetto. Avendo però sofferto per anni nell’isolamento, di certo oggi prevale in me la volontà di aiutare altre persone che vivono la mia stessa condizione.