Indennità di accompagnamento per i bambini diabetici. Arriva l’indennità di accompagnamento dell’Inps per i bambini costretti a convivere con diabete di tipo 1, quindi “insulino-dipendenti”. Hanno bisogno di un aiuto permanente per assumere insulina, finché non diventano grandi abbastanza per farsi carico dell’iniezione salva vita.
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Indennità di accompagnamento per i bambini diabetici: ecco la spiegazione dell’Alta Corte
Secondo i giudici di Cassazione «il fatto che conducano una vita normale non fa venir meno il loro diritto ad avere un aiuto». La Cassazione ha spiegato che «l’incapacità richiesta per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento non è commisurata al numero degli elementari atti giornalieri, ma alla loro incidenza sulla salute del malato e sulla sua dignità come persona. Anche l’incapacità di compiere un solo genere di atti può attestare, per la rilevanza di questi ultimi e l’imprevedibilità del loro accadimento, la necessità di una effettiva assistenza giornaliera».
Come funziona il dispositivo per iniettare automaticamente l’insulina
L’Alta Corte ha quindi accolto il ricorso di una mamma. La signora era costretta ad assentarsi dal lavoro per poter fare l’iniezione alla figlia a scuola. L’Inps le aveva negato l’indennità di accompagnamento in favore della bambina. I giudici del tribunale di Sondrio avevano dato ragione all’Istituto Nazionale di Previdenza.
I giudici ricordano che nel novembre 2015 la bambina usava un microinfusore che eroga insulina 24 ore su 24. Era la mamma a gestire questo dispositivo per la ricarica dell’insulina e l’erogazione del farmaco salva-vita. Ogni giorno la madre doveva lasciare il suo lavoro per raggiungere la scuola elementare che frequentava la figlia. Così poteva procedere alla terapia salva vita della bambina.
Indennità di accompagnamento per i bambini diabetici: bisogna essere sicuri che chi chieda l’assegno ne abbia bisogno
Già dalla frequentazione della scuola media, la figlia riusciva a utilizzare da sola l’erogatore. In questo modo on aveva più bisogno dell’intervento del genitore. Per gli anni che vanno dal 2015 al 2018 la madre ha chiesto il riconoscimento del diritto della figlia all’indennità. La Cassazione le ha dato ragione. I giudici hanno sostenuto che l’Inps debba valutare la situazione anche “alla luce dell’età, delle condizioni psicofisiche” di chi chiede l’accompagnamento. Quando si tratta di bambini si deve tenere presente quando ancora non possiedono «la capacità di intendere il significato, la portata, la necessità, l’importanza degli atti quotidiani dai quali dipende la loro vita».