Tra le pieghe del nostro Dna è rimasto “intrappolato” un piccolo uomo di Neanderthal che proprio non ne vuole sapere di adattarsi al mondo moderno: è per questo che rischiamo di diventare depressi, dipendenti dal fumo o vittime di ictus e trombosi. Non si tratta di una battuta, ma di una verità che emerge dal confronto del Dna dei nostri antenati preistorici con quello di 28.000 persone sane di stirpe europea attualmente viventi negli Stati Uniti.
Lo studio, pubblicato su Science, dimostra che nei frammenti di Dna che abbiamo ereditato dai Neanderthal (circa l’1-4% di tutto il nostro patrimonio genetico) sono presenti diversi geni che influenzano la pelle, il sistema immunitario, la psiche e il metabolismo.
Un esempio lampante riguarda i geni che facilitano la formazione di coaguli di sangue, pericolosi per ictus e trombosi: i Neanderthal li avevano sviluppati per rendere il sangue più “appiccicoso” e facilitare così la coagulazione in caso di ferite, che nella preistoria erano molto più frequenti e pericolose che al giorno d’oggi.
Altre pesanti “eredità” dal passato riguardano i geni della depressione, che possono essere pericolosamente accesi da un ciclo sonno-veglia sballato, e i geni associati alla cheratosi attinica, una malattia della pelle che apre la strada al tumore e che si manifesta con lesioni squamose favorite dall’eccessiva esposizione solare. In entrambi i casi, questi geni potevano essere utili ai Neanderthal per rispondere alle particolari condizioni ambientali dell’Europa preistorica, mentre oggi rappresentano un motivo di disagio e di malattia per l’uomo moderno, i cui ritmi di vita sono ormai dettati dalle luci artificiali e non dal sole.
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