Una crocerossina che assiste i feriti durante la Grande guerra, un volontario che aiuta gli sfollati dopo un terremoto, un’ambulanza che presta soccorso. Lo scopo della Croce Rossa è sempre stato assistere: dalle guerre mondiali ai disastri attuali, dalle difficoltà del passato a quelle del presente. Tutto è nato in Italia nell’Ottocento, dall’intuizione di un giovane uomo d’affari svizzero. I confini dell’associazione si sono però presto allargati e rafforzati in un obiettivo comune, oltre che comunitario.
Così nel 1928, a Ginevra, si istituzionalizza il Movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. Oggi vi fanno parte 192 società nazionali individuali, composte da circa 80 milioni di persone in tutto il mondo. L’associazione italiana, nata nel 1864 a Milano, è attualmente formata da 600 comitati, tra regionali e locali in tutto il Paese. È alimentata da oltre 156.000 volontari, di cui circa 43.000 giovani.
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Cosa fa la Croce Rossa?
«I primi volontari erano soprattutto medici o generali di guerra, persone che avevano a che fare con l’ambito sanitario e militare, che godevano di credibilità», fa sapere Rosario Valastro, presidente della Croce Rossa Italiana (CRI).
«I primi comitati di Milano, Cremona e Brescia nacquero per perseguire l’obiettivo originario di assistere i feriti sui campi di battaglia senza distinzioni di nazionalità. Per quei tempi, in un momento carico di patriottismo, durante le guerre d’indipendenza, fu un concetto nuovo e rivoluzionario. Ma è da sempre il pilastro su cui si basa la Croce Rossa. Un principio che ha fatto la storia e ha poi ispirato altre associazioni. Purtroppo oggi qualcuno vede il soccorso umanitario come una scelta politica, mettendo in discussione questo nostro valore. Ma anche nel conflitto in Ucraina prestiamo aiuto secondo la scala delle urgenze, senza alcuna distinzione di nazionalità, sesso, età o credo politico, come abbiamo sempre fatto».
L’intervento della Croce Rossa è stato fondamentale durante le guerre
La Croce Rossa Italiana si porta sulle spalle quasi 160 anni di storia, in cui il suo operato si è inevitabilmente intrecciato con le vicende del Paese. «L’intervento delle crocerossine e dei medici militari, rispettivamente il corpo infermiere e il corpo militare dei volontari, è stato determinante durante la prima e la seconda guerra mondiale», sottolinea il presidente.
E anche se un ambiente prettamente maschile non accettava, agli esordi della Grande guerra, la presenza delle volontarie, con il passare del tempo le cose sono cambiate, tant’è che nel cimitero militare di Redipuglia, in Friuli-Venezia Giulia, l’unica donna presente tra centomila soldati è la giovane crocerossina Margherita Kaiser Parodi.
Dà sostegno tramite il numero pubblico 1520
«Successivamente mi piace ricordare tutto quello che è stato il soccorso sanitario con cui la Croce Rossa Italiana ha risposto alle esigenze della sanità di prossimità, soprattutto in molte regioni del nord Italia, e il cosiddetto pacco spesa, una delle prime attività sociali all’inizio degli anni Settanta». Ancora oggi, chiunque si senta in situazione di disagio, chiamando il numero di pubblica utilità della CRI (1520), attivo tutti i giorni a qualsiasi ora, può trovare un sostegno psicologico o una risposta a richieste pratiche, come la consegna di spesa e farmaci a domicilio.
L’aiuto della Croce Rossa durante il Covid
Poi senz’altro c’è stato l’impegno durante la pandemia di Covid, sia nel 2020, in piena emergenza, che l’anno dopo, in campagna vaccinale. «In principio le nostre ambulanze a biocontenimento per il trasporto dei pazienti contagiati dal virus si sono rivelate preziose. Permettevano di spostare in isolamento e totale sicurezza i positivi negli ospedali», ricorda Valastro.
«I nostri volontari, che in emergenza sono aumentati di 50.000, aiutavano le persone con la spesa e i tamponi a casa. Sono stati oltre 533.000 i test effettuati dal nostro personale, quasi 16.000 persone assistite presso i centri quarantena di Settimo Torinese e Crotone, rivolti a specifiche categorie di cittadini che non avevano dove passarla, e più di 35mila quelle supportate a bordo di navi quarantena». Nel periodo di campagna vaccinale, invece, il personale della Croce Rossa Italiana ha somministrato oltre un milione e 280.000 dosi di vaccino.
Corsi di primo soccorso e manovre salvavita
La pandemia non è l’unico impegno dell’associazione in ambito salute. La CRI dispone di unità di raccolta sangue per aumentare la cultura della donazione, avvia ciclicamente campagne di sensibilizzazione sull’Hiv, su come gestire le ondate di calore e i colpi di freddo, organizza corsi di formazione e informazione sul primo soccorso e le manovre salvavita, anche pediatriche. A questo proposito, dopo il sisma che ha colpito il centro Italia nel 2016, ha avviato un progetto di cardioprotezione con l’installazione di defibrillatori in 11 comuni delle Marche, liberamente accessibili ai cittadini.
«È un’iniziativa che vorremmo espandere a tutto il territorio nazionale», segnala il presidente, «perché c’è grande necessità di dotare i comuni, le scuole e i campi da calcio italiani di defibrillatori e conseguentemente di formare le persone sul loro corretto utilizzo. Con il cosiddetto Dae, cioè il defibrillatore semiautomatico esterno, si possono salvare vite, ma c’è ancora tanto da fare, sia per aumentare la presenza di questi strumenti nei luoghi pubblici, sia per incrementare la formazione del personale».
Il fiore all’occhiello della Croce Rossa è il soccorso in ambulanza
Uno dei fiori all’occhiello della Croce Rossa Italiana è poi il soccorso in ambulanza. «Offriamo trasporti emergenziali, quando c’è una convenzione con la regione, che può decidere se utilizzare o meno associazioni di volontariato per il servizio ambulanza, e anche trasporti secondari, non urgenti, ad esempio per dimissioni dall’ospedale, accompagnamenti per terapie o visite di routine».
Come si diventa volontari della Croce Rossa?
Chi desidera entrare a parte della CRI come volontario può diventarlo, anche temporaneamente, attraverso il sito o recandosi presso uno dei comitati territoriali. Dopo il corso di formazione base, una sorta di biglietto da visita per entrare a far parte dell’associazione, le opportunità formative sono numerose, con oltre 200 percorsi di specializzazione, che vanno dall’ambito sanitario a quello emergenziale, sociale o umanitario.
«Una persona può decidere l’ambito in cui desidera fare volontariato sulla base dei propri talenti o dei bisogni della realtà che lo circonda», suggerisce Valastro. «Per quanto riguarda l’assistenza in guerra, invece, è riservato ai corpi ausiliari, che sono quello militare e delle infermiere, di cui parlavamo prima. Tuttavia, in quest’ultimo anno ci sono stati molti volontari che sono andati in Ucraina per portare gli aiuti umanitari». Da quando è scoppiato il conflitto, a febbraio 2022, la Croce Rossa Italiana ha svolto 84 missioni e donato 3.500 tonnellate di aiuti umanitari, impegnando oltre 350 volontari.
I progetti della Croce Rossa in Ucraina
Invio di beni di prima necessità
A guidare gli interventi di soccorso in Ucraina c’è Ignazio Schintu, direttore Operazioni, Emergenze e Soccorsi della CRI, lui stesso presente in circa dieci missioni. Al popolo ucraino si inviano beni di prima necessità: coperte, vestiti, medicinali da banco, cibo. «Per garantire spedizioni costanti abbiamo individuato un terreno a Suceava, in Romania, al confine con l’Ucraina, dove abbiamo acquistato quattro tensostrutture e costruito un hub, un magazzino che ci serve come stoccaggio dei generi alimentari e delle merci. Ben 41 delle 84 missioni italiane sono partite proprio da lì», racconta Schintu.
Evacuazione dei civili fragili
Oltre all’invio settimanale di convogli di aiuti, la Croce Rossa Italiana ha agito direttamente anche per le evacuazioni di civili fragili, ricoverati in ospedali psichiatrici, che non venivano più assistiti per mancanza di medici.
«È successo a maggio, durante la prima fase del conflitto», ricorda Schintu, «si trattava di 250 pazienti, affetti da disabilità motorie e cognitive, che non abbiamo potuto trasportare in aereo perché troppo spaesati o impossibilitati a sopportare un volo. Alcuni di loro erano trent’anni che non uscivano dall’ospedale. Così abbiamo fatto dei convogli via terra, alcuni sono stati trasportati addirittura in ambulanza. Di loro, 176 sono ancora in carico preso i nostri centri in Italia, a Trento, Marina di Massa e Settimo Torinese. Gli altri 74 sono stati accolti da alcune regioni, in particolare dal Piemonte».
Creazione di cliniche mobili
A dicembre la CRI ha annunciato anche l’avanzamento di progetti condivisi con la Croce Rossa ucraina. Il primo riguarda la creazione di cliniche mobili per sopperire alla mancanza di medici di base. Alcuni medici si sono spostati infatti nelle zone di frontiera o negli ospedali per assistere i feriti. E hanno lasciato la popolazione civile senza copertura sanitaria. Il secondo, la costruzione di 120 moduli abitativi provvisori per le famiglie sfollate. «Questo ha significato non costringere milioni di persone a spostarsi nei Paesi occidentali, perché la verità è che la maggior parte dei cittadini ucraini, soprattutto i più anziani, vogliono continuare a vivere nel loro Paese», sottolinea Schintu.
Creazione di moduli abitativi
«A fine agosto abbiamo iniziato a realizzare dei moduli abitativi che hanno visto la luce a fine novembre, mentre altri saranno pronti in primavera». Per questo la Croce Rossa ha stanziato 12 milioni provenienti da donazioni. «Queste e il 5xMille sono simbolo della fiducia dei cittadini nei nostri confronti», conclude Valastro.
«Altri importanti finanziamenti ci arrivano dallo Stato. Dato che forniamo una serie di aiuti, soprattutto nell’ambito nazionale della protezione civile, ogni anno riceviamo un contributo. Questo è pattuito all’interno di un contratto che firmiamo con cadenza periodica. Poi ci sono le aziende, poiché negli anni abbiamo costruito una rete di collaborazione con il settore profit».
Un po’ di storia della Croce Rossa
La storia della Croce Rossa Italiana coincide con la nascita della Croce Rossa di Milano, uno dei primi comitati nazionali a essersi formati. Tutto è legato alla seconda guerra di indipendenza italiana. A San Martino e Solferino ci fu una delle battaglie più sanguinose dell’Ottocento. Si contarono circa centomila morti, dispersi e feriti, in particolare – per colpa dei cannoni – un altissimo numero di amputati. Si trasferirono molti di loro a pochi chilometri da Solferino, a Castiglione delle Stiviere. Qui si allestì un ospedale da campo, ma quasi inesistente era la presenza di medici e infermieri per prestare loro un primo soccorso. Ad aiutare questi uomini solo le donne del paese.
Alla tragedia, ma soprattutto all’operato solerte delle infermiere improvvisate, assistette un uomo d’affari svizzero, Jean-Henri Dunant. Questo si trovava al fronte per interessi personali e per incontrare Napoleone III. I suoi piani cambiarono: si mise a cercare altri uomini e donne che aiutassero i feriti con acqua, cibo, bende. Si spinse sul campo di battaglia per raccogliere altri soldati colpiti, fece aprire le chiese per creare più posti letto e ricoveri. Testimone oculare e protagonista in prima linea, nel novembre 1862 Dunant raccontò la sua esperienza in un libro intitolato Un souvenir de Solferino.
Da qui il progetto di formare squadre di infermieri volontari che potessero soccorrere i feriti sui campi di battaglia, secondo un criterio di assoluta imparzialità. L’idea ben presto prese forma nelle società nazionali della Croce Rossa, la prima a Milano, nel giugno 1864. Oggi tutti i comitati figurano sotto l’egida della Croce Rossa Italiana. Quest’ultima fa parte del movimento internazionale della Croce Rossa e coordinata da un comitato internazionale. Questa ha sede a Ginevra. Si assicura che in tutto il mondo si presti aiuto umanitario e protezione alle vittime delle guerre e delle violenze armate. Per la sua intuizione, Dunant ricevette il Nobel per la pace nel 1901.