Si parla sempre più spesso di crioconservazione. Sfidare la morte per risvegliarsi quando la medicina sarà così avanzata da poter rianimare e curare qualsiasi malattia: questo è l’obiettivo della crioconservazione. Anche se la strada è ancora lunga, alcune persone hanno già deciso di investire in questa futuristica scommessa.
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Un mercato in crescita
Ad oggi circa 600 persone in tutto il mondo hanno scelto la crioconservazione, pagando decine di migliaia di dollari per preservare il proprio corpo o cervello. A queste si aggiungono migliaia di individui che hanno sottoscritto contratti con istituti specializzati come il Cryonics Institute e Alcor negli Stati Uniti, KryoRus in Russia, e la startup europea Tomorrow Bio, con sede a Berlino. Quest’ultima custodisce i corpi dei propri clienti in Svizzera.
Come funziona la crionica?
La crionica si basa sull’idea di congelare la vita per poterla poi risvegliare. «La crioconservazione è una pratica già comune nei laboratori per il trasporto e la conservazione di cellule ed embrioni», spiega Matteo Cerri, neurofisiologo dell’Università di Bologna. Tuttavia, mentre le piccole unità vitali possono essere conservate, congelare interi organi o corpi resta un obiettivo ancora irraggiungibile. Il congelamento danneggia le cellule a causa della formazione di cristalli di ghiaccio, che rompono le membrane cellulari.
Le strategie per superare i limiti del congelamento
La scienza sta esplorando due strategie principali per ovviare a questo problema:
- Uso di antigelo biologico: sostanze chimiche che abbassano il punto di congelamento dell’acqua.
- Vitrificazione: un processo di raffreddamento rapido che trasforma il liquido cellulare in un fluido denso simile al vetro, evitando la formazione di ghiaccio.
Un esempio significativo è l’esperimento condotto dal biologo Gregory Fahy, che è riuscito a vitrificare un rene di coniglio, scongelarlo e impiantarlo nuovamente nell’animale. Tuttavia il successo è stato unico e non replicabile su larga scala.
Risultati promettenti sui tessuti
Recentemente, ricercatori della Fudan University di Shanghai hanno crioconservato organoidi cerebrali umani, dimostrando che possono essere scongelati e riprendere a funzionare senza danni. Questo risultato, pubblicato su Cell Reports Methods, è un passo avanti, ma per ora ha applicazioni limitate alla ricerca in laboratorio.
La realtà attuale
Nonostante i progressi, la crioconservazione umana rimane fantascienza. «La crioconservazione è letale e viene eseguita solo dopo la morte legale», sottolinea Cerri. Anche se un giorno fosse possibile scongelare corpi senza danni, ci troveremmo comunque di fronte a cadaveri inanimati. La speranza è che, in futuro, tecnologie ancora inesistenti possano permettere la resurrezione.
L’alternativa: l’ibernazione
Una strada alternativa è rappresentata dall’ibernazione, un processo naturale di stasi metabolica che consente ad alcuni animali di sopravvivere in condizioni estreme. «Anche gli esseri umani potrebbero avere nel DNA i geni per l’ibernazione, ma non li abbiamo ancora identificati», spiega Cerri.
Gli studi su alcune sindromi rare e su casi eccezionali, come alpinisti sopravvissuti a condizioni estreme sull’Everest, suggeriscono che in alcuni individui questa capacità potrebbe essere attivata da fattori ambientali come freddo, digiuno e scarsità di ossigeno.
Applicazioni pratiche dell’ibernazione
Le potenziali applicazioni dell’ibernazione in medicina sono molteplici:
- Migliorare la conservazione degli organi per i trapianti.
- Ridurre i danni cellulari causati da ictus e infarti.
- Potenziare le terapie contro il cancro.
- Limitare i danni da malattie neurodegenerative.
Anche le agenzie spaziali sono interessate all’ibernazione per ridurre i costi e lo stress psicologico nei viaggi spaziali di lunga durata, come quelli verso Marte.
Conclusione
La crioconservazione e l’ibernazione rappresentano due approcci distinti ma complementari per affrontare i limiti della vita umana. Anche se l’immortalità resta un sogno lontano, ogni passo avanti in questi campi apre nuove prospettive per la scienza e la medicina del futuro.
Testo di Elisa Buson