A che punto è la pandemia? Cos’è successo in questi ultimi due anni e mezzo e cosa ci prospetta il futuro? E qual è lo stato dell’arte delle terapie farmacologiche e dei vaccini? Virologi, epidemiologi e infettivologi italiani, presenti al 14° ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, hanno fatto il punto sullo stato dell’arte del Covid-19, con alcune previsioni.
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Covid-19 sotto controllo grazie a vaccini e farmaci antivirali
«Lo spartiacque è stato l’arrivo dei vaccini che hanno aumentato l’immunità di comunità, ridotto gradualmente il numero degli infetti e dei casi di malattia grave» dichiara Pier Luigi Lopalco, professore di Igiene all’Università del Salento, Lecce. «Il virus ha continuato a circolare e a cambiare nelle sue varianti, alcune più contagiose di altre, come Omicron. Successivamente sono arrivati gli anticorpi monoclonali e gli antivirali orali che permettono di curare precocemente l’infezione lieve-moderata. Ci aspettiamo che il virus continui a circolare e adattarsi, ma nel tempo vedremo picchi epidemici di malattia meno numerosi e meno gravi che, grazie a vaccini e farmaci, potremo controllare e non metteranno più in ginocchio il sistema sanitario. Insomma, passeremo gradualmente dall’emergenza alla gestione ordinaria di questa infezione».
Molnupiravir: il farmaco antivirale orale che “forza” il virus a cambiare
La variante in assoluto più contagiosa fino ad oggi è Omicron, la quale da tempo ha iniziato a mutare dando origine a sub-varianti più o meno contagiose, e questa sua caratteristica può essere sfruttata per tenerlo sotto
controllo. «Un virus quando cambia troppo spesso perde la sua capacità infettante», spiega Carlo Federico Perno, professore ordinario di Microbiologia all’Università UniCamillus e direttore di Microbiologia e Diagnostica di Immunologia all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
«Il virus cambia per riuscire a selezionare il ceppo perfetto, quello che replica al meglio, ma per ottenere ciò deve fare miliardi di tentativi di cui solo uno funziona. Questa esigenza del virus di cambiare “il giusto” è il principio su cui fonda la sua azione il molnupiravir: questo farmaco antivirale orale ha la peculiarità di “forzare” il virus a continuare a cambiare immotivatamente. In tal modo si producono ceppi altissimamente variati che, in quanto tali, hanno perso la capacità infettante».
I benefici di molnupiravir
L’introduzione degli antivirali orali, in particolare di molnupiravir, sta cambiando le prospettive di malattia nei soggetti più anziani e fragili che presentano malattia da lieve a moderata. «Uno studio, pubblicato su New England Journal of Medicine, ha dimostrato che molnupiravir riduce del 50% sia i ricoveri ospedalieri sia l’evento morte» conferma Matteo Bassetti, Direttore Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino di Genova. «Molnupiravir non solo riduce le ospedalizzazioni e la morte, ma ha anche altri due effetti importanti: in quei pochi pazienti che vengono ricoverati la durata del ricovero è di 3 giorni inferiore rispetto a chi fa placebo; inoltre, riduce in maniera significativa le visite al pronto soccorso e le visite specifiche ambulatoriali».
Un farmaco ben tollerato e che non interagisce con altri medicinali
Oltre alla Liguria, un’altra regione in cui si è utilizzato molnupiravir è il Lazio, al secondo posto dopo il Veneto per prescrizioni di antivirali orali ed esperienza dell’utilizzo di questo farmaco. «Sicuramente avere la possibilità di utilizzare farmaci antivirali che riescono a bloccare l’evoluzione della malattia da Covid-19 in pazienti fragili ad alto rischio di progressione e ridurre le ospedalizzazioni è un’arma fondamentale nel contrasto al virus», sottolinea Massimo Andreoni, professore ordinario di Malattie Infettive Università Tor Vergata di Roma e Direttore Scientifico della SIMIT-Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali.
«La nostra esperienza è assolutamente positiva. Molnupiravir è stato di gran lunga l’antivirale più prescritto sino a oggi perché è un farmaco facile da prescrivere, non ha interazioni farmacologiche e quindi i pazienti molto fragili che spesso utilizzano già diverse terapie hanno avuto la possibilità di avere un farmaco che è ben tollerato e non interagisce con altri medicinali».