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Covid-19: le criticità più grandi per i pazienti con emofilia

Per molti la pandemia è l’occasione per incrementare l’assistenza domiciliare, mentre più della metà dei pazienti ha interrotto le attività motorie. A dirlo due indagini condotte da FedEmo e Università Bicocca di Milano

La pandemia ha messo a dura prova tutti ma ancor di più le persone con patologie croniche pregresse. Un sondaggio condotto dalla Federazione delle Associazioni emofilici (FedEmo) e uno studio dell’Università degli Studi di Milano Bicocca hanno confermato, in occasione della Giornata mondiale dell’emofilia, quanto il Covid-19 abbia impattato negativamente sulla qualità della vita dei pazienti con questa patologia.

Covid-19 ed emofilia: il sondaggio di FedEmo

La maggior parte degli emofilici non ha riscontrato particolari problemi legati alla situazione pandemica attuale ma molti di loro hanno trascurato l’attività fisica. Stando all’indagine di FedEmo, infatti, il 57% degli intervistati ha dichiarato che durante l’emergenza non ha più praticato sport, dimenticando che lo screening articolare periodico e l’esercizio fisico sono elementi imprescindibili per prevenire i danni articolari e i micro-sanguinamenti, non sempre evidenti, che nel tempo portano a perdita di funzionalità. Oltre a ciò, il 63% dei partecipanti ha posto l’attenzione sui trattamenti domiciliari e il 75% ha espresso la necessità di estendere i servizi territoriali già esistenti anche ai pazienti emofilici. Un’assistenza territoriale efficiente, in cui una serie di prestazioni (fisioterapia, analisi del sangue e infusione a domicilio, distribuzione farmaci, ambulatori emofilia pediatrici) sono erogate su distretti periferici, potrebbe rappresentare una valida alternativa alla necessità di rivolgersi all’ospedale, specie in un periodo di emergenza come questo.

Gruppo San Donato

Sono necessari servizi assistenziali extra ospedalieri

«Questi risultati ci confermano che non esiste una terapia e un’assistenza uguale per tutti. Inoltre, nella gestione della malattia è fondamentale analizzare possibili sinergie con servizi assistenziali extra ospedalieri dedicati ad altre aree terapeutiche e già oggi in essere nei diversi territori, al fine di rendere accessibili quei percorsi anche ai pazienti emofilici» interviene Cristina Cassone, Presidente di FedEmo. «Si potrebbe alleggerire il carico dei Centri emofilia presso i presidi sanitari e rendere i pazienti protagonisti e responsabili in prima persona del proprio percorso di cura, principio che rappresenta ormai una reale necessità, resa ancor più evidente dalle problematiche connesse alla pandemia attualmente in corso».

Covid-19 ed emofilia: lo studio dell’Università Bicocca

Lo studio dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, condotto tra novembre 2019 e giugno 2020 su 144 emofilici e 94 caregivers, ha messo in luce le difficoltà, da parte del 15% dei pazienti coinvolti, di accedere ai Centri emofilia già ben prima dell’inizio della pandemia. Per il 20% di loro il Centro eroga solo visite per l’emofilia e nessun altro servizio e il 16% si rivolge a specialisti al di fuori della struttura di riferimento. «Questa indagine ci ha confermato che sarebbe opportuno incentivare una demedicalizzazione assistenziale, avvalendosi di strumenti e tecnologie sanitarie innovative, come ad esempio la telemedicina. In questo modo si potrebbe conseguire a livello locale l’attivazione e l’efficace gestione di quella che dovrebbe essere un’impostazione di sistema condivisa a livello nazionale», spiega Cassone.

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