«Per fare quel piercing sul capezzolo sinistro avevo persino falsificato la firma di mia madre, quella che viene richiesta ai minorenni per il consenso dei genitori. Lo volevo a tutti i costi, ma non immaginavo quanto fosse doloroso. Così, ho pagato cara questa mia trasgressione…
Ricordo come fosse ora il male infernale che ha oscurato ogni angolo del mio cervello, mentre quel cerchietto si andava a conficcare nella mia pelle, in una zona così sensibile, così ricca di terminazioni nervose. Sono quasi svenuto dal dolore!
A 14 anni il primo tatuaggio
Va bene che il piercing è una sorta di rituale e che come tale impone di soffrire un po’, ma forse, sapendolo prima, ne avrei volentieri fatto a meno. Per fortuna, dopo qualche ora, la sofferenza è passata, senza lasciarmi infezioni o crisi di rigetto. E, in ogni caso, quell’esperienza non ha spento il mio desiderio di avere altri piercing. Perché nonostante la mia aria da ragazzo preciso, ordinato e tranquillo, dentro di me arde da sempre uno spirito ribelle, che ormai da tempo si concreta in una passione sfrenata per tatuaggi e altre decorazioni della pelle.
Avevo solo 14 anni quando ho fatto il primo tattoo, una chiave di sol sulla spalla destra, simbolo di un amore per la musica che già allora voleva manifestarsi prepotentemente. L’anno dopo è arrivato il primo piercing, sotto il labbro inferiore. E non mi sono più fermato: adesso ho sette tatuaggi e nove piercing.
Il segreto, ovviamente, è quello di affidarsi a professionisti seri e scrupolosi, che lavorino in piena regola con tutte le attenzioni indispensabili, come usare strumenti monouso, disinfettare e sterilizzare, cambiare i guanti ogni volta che si rende necessario, lavorare in un ambiente pulito e ordinato. Altrimenti, in caso contrario, si può incorrere davvero in seri pericoli.
E questo è un messaggio che voglio lanciare ai giovani come me. Sono sempre stato molto attento all’aspetto igienico e medicale, e anche grazie a queste cautele sono riuscito a convincere mia madre, quando vivevo in famiglia nella mia splendida isola della Maddalena, a concedermi il permesso di fare un tatuaggio o un piercing (escluso quello al capezzolo…) in cambio di un buon voto a scuola.
Un disegno viola sul pube
Ora mi porto fieramente in giro tutti questi piccoli grandi simboli di eventi significativi della mia vita: un cornetto portafortuna sul fianco destro tatuato in un periodo in cui il destino sembrava avercela con me, un nodo piano sul polso sinistro fatto insieme a un caro amico per siglare il nostro legame, un triskele stilizzato sulla schiena come simbolo della forza, una coccinella dietro al collo, un geco sul fianco sinistro, uno smile viola sul pube circondato da note musicali.
Con i piercing, invece, ho variato di più, perché li considero una pura questione estetica: dei quattro che avevo all’ombelico ne ho tolti due, ho eliminato quello sotto il labbro in favore di una pallina sulla lingua, che alterno spesso con altre di vari colori, ho due dermal (piercing con una base sotto pelle a cui avvitare monili vari) sulle clavicole e uno sul collo all’altezza della gola, a sottolineare dove si trova il mio elemento davvero importante: la voce. Già, la voce non mi ha mai tradito neppure con quella pallina sulla lingua che a volte invece a qualcuno impedisce di articolare bene le parole: canto e parlo senza alcuna difficoltà. Fino a ora non posso certo lamentarmi dei risultati ottenuti nella mia giovane carriera, e dei miei piercing. Ma sul capezzolo, no, non lo rifarei…».
Valerio Scanu (confessione raccolta da Grazia Garlando per OK Salute e benessere di giugno 2012)