«Operato d’urgenza in Honduras», racconta Massimo Ciavarro. «Credo che la colpa sia dei farmaci presi all’Isola dei famosi: hanno bucato la parete del mio intestino di naufrago, vuoto come una sacca. Ora ho due cicatrici spesse sulla pancia».
Ecco la confessione dell’attore a OK.
«Perché nel 2008 sono stato operato d’urgenza in Honduras? La colpa è dei farmaci presi all’Isola dei famosi: hanno bucato la parete del mio intestino di naufrago, vuoto come una sacca. Ma ho riportato a casa la pelle. A La Ceiba, Honduras, ci sono arrivato quasi in stato di shock, con fitte lancinanti all’addome e a bordo di una lancia della produzione che in fretta e furia mi ha portato via da Cayo Paloma, Isola dei famosi.
Che strana la vita. Uno doppia il giro di boa dei 50 anni sano come un pesce e poi, mentre gioca in tv a fare il naufrago, quasi ci lascia le penne per un’ulcera duodenaleperforante.
Prima gli antimalarici, poi gli antinfiammatori
Ecco com’è andata. Ottobre 2008, arrivo in Honduras, eccitato per la partenza del programma. Sto prendendo i farmaci antimalarici, come tutti i miei compagni di avventura, e li reggo bene. La profilassi l’ho cominciata prima di partire e la continuo anche ora che siamo finalmente sull’isola.
A Cayo Paloma si dorme poco e si mangia praticamente niente: il reality prevede che a disposizione per i naufraghi ci siano solo un pugno di riso e piccole lenze con le quali si pescano pochi pescetti da dividere. Dopo due settimane lo stomaco brontola tanto è vuoto. Ma mi diverto e l’atmosfera è stimolante. Poi, un piccolo incidente e la spalla comincia a farmi male.
Mi faccio un’autodiagnosi e penso che sia una banale storta. Così mi prendo un paio di pastiglie di antinfiammatori per sopportare il dolore. Pochi giorni dopo finalmente pesco un paio di pesci dignitosi come grandezza e mi metto, libero dal dolore alla spalla, a riparare la nostra capanna. D’un tratto, senza alcun preavviso, la pancia mi s’infiamma. Più che fitte, sento delle lame che mi fendono a intermittenza e una forte pressione, dove c’è l’intestino.
Subito quelli della produzione capiscono che è successo qualcosa di grave. Io sopporto in silenzio mentre, velocissimi, partono i soccorsi. L’elicottero per portarmi sulla terraferma è troppo lontano da Cayo Paloma ma è subito pronta la lancia veloce. Devo ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicini in quel momento, tecnici e compagni. Senza un intervento così tempestivo chissà come sarebbe andata.
Sbarcati a La Ceiba finisco dritto all’ospedale. L’ultimo ricordo sono il lettino su cui cercano di immobilizzarmi e il sorriso del chirurgo che mi dice in spagnolo di stare tranquillo.
Quando apro gli occhi, molte ore dopo, scopro che mi hanno aperto l’addome due volte: i medici pensavano si trattasse di una banale appendicite, ma hanno dovuto fare un secondo taglio per accorgersi che un’ulcera aveva perforato la parete dell’intestino, in corrispondenza del duodeno. Il rischio era di andare in peritonite.
Mi hanno lasciato due cicatrici profonde e spesse, però ho riportato a casa la pelle.
Ho perso 17 chili, nutrito con un tubo per dieci giorni
Dopo nemmeno una settimana vengo prelevato da un aereo ambulanza perché lo staff medico della produzione ritiene più sicura una mia convalescenza al Resuscitation trauma center di Miami. “Un nome, un programma”, penso mentre volo verso la Florida.
Il fatto è che ho perso 17 chili e devo essere nutrito con sale, glucosio e sostanze proteiche. Mi piantano un catetere nel braccio che arriva nella vena cava, in prossimità del cuore, e sto così altri dieci giorni.
Poi, una visione: è il dottore che si presenta una mattina con una colazione all’americana. “Ora è guarito davvero!”, mi dice trionfante. Non serve nemmeno che segua un regime in bianco. Anzi, mi dicono, devo ricominciare a mangiare un po’ di tutto per riprendere peso e recuperare energia.
Perché mi è venuta l’ulcera? Il gastroenterologo che mi visita quando torno in Italia non ha dubbi. È stata colpa dello stress e di quei farmaci che avevo preso per la profilassi antimalarica e per il dolore alla spalla. Il mio intestino, vuoto come una sacca buttata in un angolo, non aveva retto e la sua mucosa si era perforata. Oggi sono di nuovo sano come un pesce anche grazie all’abilità del chirurgo honduregno che mi ha operato, un uomo eccezionale: ci vuole ben altro che un paio di cicatrici di venti centimetri sulla pancia per farmi naufragare».
Massimo Ciavarro (testo raccolto da Francesca Gambarini per OK La salute prima di tutto di settembre 2009 )