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Luca Ward: per saltare la naja mi sono operato il menisco rotto

«Mi sono fatto male sugli sci. Era il 1982 e l'intervento al ginocchio era pesante e doloroso. Ho rimandato, rimandato... finché è diventato la mia via di fuga dal servizio militare»

«Era il 1982 e a quei tempi l’intervento per sistemare la gamba non era uno scherzo, ti aprivano completamente il ginocchio», spiega Luca Ward. «Anche se le fitte ormai erano pazzesche, avrei rimandato. Senonché mi chiamano per il servizio militare. Panico. Mia moglie è incinta, non la voglio lasciare… Così mi decido, vado sotto i ferri».
Ecco la confessione del doppiatore e attore a OK.

«Quante volte ho ripensato a quel giorno sciagurato sugli sci… Era il 1978 e io, diciottenne scatenato, amavo lo sport e scendevo come un pazzo dalle piste più pericolose. Tra amici la sfida era con i salti acrobatici: ci lanciavamo in piroette ed esibizioni che se le vedessi un giorno fare a mio figlio Lupo inorridirei.

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Tutto è cominciato con una caduta
Alla terza capriola sulla neve mi capotto. Braccio rotto, ginocchio slogato. Mi vengono a prendere in barella e mi portano dritto al pronto soccorso, dove mi ingessano dal gomito in giù. Dopo una radiografia i medici vedono che alla gamba non ci sono fratture evidenti e che non è necessario operare.
Ma il mio menisco, un disco di cartilagine tra il femore e la tibia che ha la funzione di ammortizzare i colpi proteggendo il ginocchio, non è uscito indenne dall’incidente. Me ne sono accorto solo qualche anno dopo quella sfortunata giornata in montagna. Un giorno scendo dalla macchina e… zac, come inchiodato. Una fitta pazzesca.
Ancora oggi, quando devo doppiare un’espressione di dolore intollerabile, ripenso a quel microsecondo. Ho creduto che un’auto di passaggio mi avesse tranciato la gamba e invece era il menisco che era tornato a chiedere il conto. Come una corda che si sfilaccia, aveva smesso di reggere e si era rotto in mille pezzi.

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Be’, mille forse è esagerato, ma erano comunque quattro, come mostrò la lastra che mi hanno fatto in ospedale. Potevo scegliere: operarmi subito o aspettare. Era il 1982 e a quel tempo l’artroscopia non era ancora sviluppata. Altro che venti minuti e poi via, a casa, come si interviene sugli atleti oggi, rimuovendo o riparando, in modo selettivo, la sola parte danneggiata. Si trattava di farmi aprire completamente il ginocchio e poi asportare quello che restava del mio menisco.
Ho rimandato, confidando nel riposo e nel fatto che a poco più di vent’anni ci si riprende in fretta. Ma non ho dovuto aspettare molto. La vita è strana, ti mette davanti a scelte obbligate che un momento prima non avresti mai preso in considerazione. Pochi mesi dopo, infatti, mi chiamano per il servizio militare. A 18 anni non avevo fatto la naja per un esubero, ma non avevo mai ritirato il congedo, così lo Stato mi aveva selezionato di nuovo. Panico.
Appena sposato e con Guendalina in arrivo, non potevo lasciare Claudia (allora mia moglie, poi abbiamo divorziato) a casa senza soldi e senza marito. Allora mi sono ingegnato. Sono partito per il servizio di leva, ma ci sono rimasto solo sei mesi, poi ho chiesto di poter essere operato al menisco. Detto, fatto.
Ho passato il tempo che rimaneva in convalescenza, prima un mese a letto con il gesso, poi la riabilitazione, a casa e ricominciando a lavorare.

Da allora nessun problema
Ogni mese, un controllo all’ospedale militare, dove non mi guardavano con benevolenza, io che avevo mollato per un’operazione da nulla. Il commento più simpatico era qualcosa come: “Quel pivello pensa di diventare uomo senza passare sotto le nostre mani?”. Ma io ero impassibile, mi interessava guarire e tornare dalla mia famiglia.
Da allora il menisco non mi ha più dato alcun problema. Ok, non sono un calciatore o un atleta che sforza il corpo ogni giorno, e il mio lavoro, tra doppiaggio e recitazione, non è di quelli che ti mette le articolazioni sotto stress. Ma mi è andata bene… E state certi che quando vedrò il mio piccolo Lupo saltare come tarantolato sugli sci, correrò a fermarlo.
Luca Ward (testo raccolto da Giulia Lazzerini per OK La salute prima di tutto di settembre 2008)

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