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Licia Colò: ho rischiato di morire dissanguata

«Avevo un forte mal di pancia e a un certo punto svenni. In ospedale scoprirono che avevo un'emorragia interna. La causa? Lo scoppio di una cisti ovarica»

«Tutto iniziò con un mal di pancia», racconta Licia Colò. «Ma in ospedale scoprirono che avevo un’emorragia interna. La causa? Lo scoppio di una cisti ovarica. Ho rischiato di morire dissanguata».

«Ero felice. Quella sera avevo ballato fino a tardi e mangiato fino a scoppiare. Ma la vita può virare all’improvviso e metterti davanti a una sfida. Nel mio caso, una sfida contro la morte.

Gruppo San Donato

La mattina dopo quella notte di bagordi diluviava. Mi ricordo che guardai fuori dalla finestra e che cominciai a sentire un forte mal di pancia. “Avrò esagerato col cibo”, pensai. Mi misi a letto con la borsa dell’acqua calda. Ma quando mi alzai per andare in bagno svenni. Il mio fidanzato di allora chiamò il medico, che non poteva venire e che gli consigliò di portarmi direttamente al pronto soccorso. In macchina persi i sensi di nuovo. “Lasciatemi sul ciglio della strada”, pensavo. “Tanto sto per morire”.

Il ventre allagato, era scoppiata una cisti ovarica
Al pronto soccorso infilarono una flebo nel braccio. Mi sembrava di stare meglio, mi venne pure voglia di mangiare una pizza. Due minuti, però, e svenni ancora.
Mi risvegliai mentre mi stavano facendo un’ecografia. Impressionante: non perdevo una goccia di sangue eppure stavo morendo dissanguata. Avevo un’emorragia interna e avevo già perso due litri e mezzo di sangue. Mi portarono in sala operatoria. D’urgenza.

Quando aprii gli occhi c’era un dottore. Mi toccò il braccio, mi disse: “Tranquilla, è andato tutto bene”. Emisi un sospiro di sollievo. “Sa, lei aveva una cisti ovarica, che è scoppiata”, spiegò il chirurgo. “Abbiamo tolto quella cisti, salvandole le ovaie. Potrà comunque avere figli”. In realtà era l’ultimo dei miei pensieri, e solo oggi capisco l’importanza di quella frase. Sapevo di soffrire di ovaio policistico, ma mi era sempre bastato l’uso della pillola e tutto si sistemava.

Quel pomeriggio ero stata davvero molto male, avevo la convinzione che non sarei sopravvissuta. Mi tornavano in mente le immagini della mia vita come in un film e pensavo che non volevo morire. Volevo le persone che amavo accanto a me e pensavo alla bellezza delle cose più insignificanti.

Rimasi ricoverata una settimana. Nel corso dell’intervento mi avevano fatto diverse trasfusioni perché avevo perso troppo sangue, ma successivamente, nonostante mi avessero consigliato qualche trasfusione in più, avevo preferito evitarle. La ripresa era lenta, ma c’era. Riacquistavo lucidità e la coscienza che, se avessi aspettato un’ora di più ad andare al pronto soccorso, non sarei stata più di questa Terra.

La compagnia della mia gatta in convalescenza
Una volta a casa, una lunga convalescenza. Ero sempre debolissima, costretta a letto. La mia gatta, Pupina, una selvatica che avevo salvato dalla strada, non mi lasciava mai. Il mio compagno era contrario, non perché non amasse gli animali, ma perché gli era stato detto che in quelle condizioni era meglio non entrassi in contatto con i miei gatti che avrebbero potuto trasmettermi qualche malattia.

Invece io percepivo che la presenza della micia mi faceva bene. Non voglio apparire esagerata, o romantica, ma attraverso lei sentivo un collegamento antico, e potente, con la forza vitale che è inscritta nella natura. E ancora oggi, quando sono stressata o di cattivo umore, accarezzo i miei gatti e tutto passa. Pupina scendeva dal letto solo per mangiare qualcosa. E, siccome il mio fidanzato era spesso via per lavoro, mi faceva compagnia.

Finalmente, un giorno, così com’era venuto, il tempo della sofferenza se ne andò. E la cosa curiosa è che, senza alcuna cura, sparirono le altre cisti ovariche che mi portavo in grembo. Dopo quella brutta avventura, tutti mi dicevano che dovevo stare molto attenta, ma io ero scocciata, avevo bisogno di rasserenarmi. E le cose si sono messe a posto da sole.

L’ho scoperto quando io e mio marito, nel 2004, abbiamo deciso di avere figli. Erano passati sei anni da quell’emorragia e temevo di non poter rimanere incinta. Sorpresa: le mie ovaie erano regolari. E nacque Liala.

Potere dell’amore. Nessuno mi toglie dalla testa che se tutto si è sistemato lo devo all’affetto e alla serenità che la mia gatta e mio marito hanno saputo trasmettermi».

Licia Colò (testo raccolto da Marta Serafini nel novembre 2008 per OK La salute prima di tutto)

 

IL MEDICO: SINTOMI E DIAGNOSI DELL’EMORRAGIA INTERNA
«Quello di Licia Colò, vittima di una cisti ovarica improvvisamente scoppiata (evento raro), è un tipico caso di emorragia interna addominale», spiega Ugo Alonzo, chirurgo d’urgenza all’ospedale San Filippo Neri di Roma.
Cause. Le emorragie interne addominali possono essere di origine traumatica (dopo un incidente, per esempio), quindi immediatamente individuabili. Ma possono anche cogliere il paziente all’improvviso, in seguito alla rottura spontanea di un organo addominale, di un aneurisma, di un angioma al fegato (o di una cisti ovarica, appunto), o ancora a una gravidanza extrauterina o a una pancreatite.
Sintomi. Si avverte un dolore simile a una pugnalata, nella sede dove si è generato il danno, e si instaura un’anemia acuta, con pallore, sudorazione,
senso di freddo, ipotensione, tachicardia e svenimento.
Diagnosi. Si deve andare subito al pronto soccorso. L’esame immediato è di tipo manuale: il medico nota che l’addome si presenta teso e duro, mentre il paziente accusa nausea, vomito e saltuariamente desiderio di bere. Poi si procede a un’analisi del sangue. Quindi l’ecografia: se evidenzia la presenza di sangue libero nell’addome, si può individuare con una Tac il punto dove ha avuto origine l’emorragia.
Terapia. Si interviene chirurgicamente per arrestare l’emorragia, con un ricovero da cinque a dieci giorni. In casi particolari si effettuano trasfusioni.

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