Ci sono libri che fanno bene alla mente e all’anima. Uno di questi è “Ritratti italiani” di Alberto Arbasino (Adelphi). Con intuizioni da antropologo e pennellate espressioniste, il nostro più grande scrittore vivente allestisce una galleria rappresentativa dell’intero Novecento. Il “suo” Novecento, perché nella maggior parte delle 550 pagine del volume, si passano il testimone uomini e donne che Arbasino ha conosciuto, frequentato, intervistato. Da Gianni Agnelli a Federico Zeri, prendono vita 93 illustri compatrioti in un catalogo colto, ironico, ma anche pop, come quando ci racconta una giovane e splendida Sofia Loren (“ma mica poi tanto magra […] gira in pigiama per l’appartamento che le hanno messo a posto all’ultimo piano di un palazzetto all’Aracoeli”) e Nanni Moretti (“con la sua faccia timida che esprime protesta e non potere”).
A 84 anni, Arbasino si toglie più di un sassolino dalle scarpe. Lo fa con i registi Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni, ma anche con Alberto Moravia che da ragazzo – scrive – “era seccante e antipatico”. Senza cedimenti nostalgici, l’autore di “Un paese senza” ci riporta in una stagione irripetibile con irripetibili protagonisti con cui, ci confessa, avrebbe voluto invecchiare e litigare: Pasolini, De Chirico, Gadda, Calvino.
“Ritratti italiani” è uno di quei libri che si dovrebbero spedire nello spazio, nella speranza di essere intercettati da altri esseri viventi e senzienti. Ecco: con in mano un’opera come questa, gli extraterrestri si farebbero la giusta idea di quello che il nostro Paese è stato e che forse – visto che parliamo di fantascienza – può tornare a essere.
Raffaella Caprinali
18/09/2014