«Avevo quattro anni quando l’educatrice mi afferrò per il padiglione auricolare sollevandomi da terra», racconta Kledi Kadiu. «Sento ancora quel rumore: crack, rotto. Mi è rimasto un orecchio a sventola che mi ha fatto sembrare tutta la vita un elefante, un Dumbo a metà… Finché non mi sono operato».
Ecco la confessione del ballerino a OK.
«Sento ancora quel rumore secco e tremendo: crack! Il rumore di qualcosa che si rompe all’improvviso. Quel qualcosa era il mio orecchio destro, e io avevo appena quattro anni. Era stata la maestra d’asilo a stringermi con una violenza terribile e a sollevarmi da terra, afferrandomi per quell’orecchio e spezzando la cartilagine.
Preso in giro fino a 22 anni
Risultato: un dolore acutissimo, insopportabile. Il padiglione auricolare, da allora, è rimasto piegato in avanti, molto più grande dell’altro. Per 18 anni, fino a quando ne avevo 22, sono stato soprannominato, con scherno, “orecchio piccolo orecchio grande”. E c’è voluto un intervento chirurgico per riportare le cose a posto.
Ho passato buona parte della giovinezza in Albania, dove sono nato. Per vari motivi era difficile, in quel periodo, pensare a un’operazione, e comunque mi faceva paura.
Poi mi sono trasferito in Italia e, durante la prima audizione televisiva per il Quizzone, ho deciso che non ne potevo più di quell’orecchio fuori posto.
Le riprese televisive enfatizzavano ancora di più il difetto e io mi sentivo come quell’elefante dei cartoni con le orecchie sventolanti, un Dumbo a metà. Nemmeno tenere i capelli più lunghi riusciva a mascherare la sporgenza. Era il momento di risolvere la situazione, definitivamente.
Sotto i ferri in Albania
Ho un carattere deciso, ma mi piace consultarmi con le persone in cui ho fiducia, cerco sempre di sentire un’altra campana prima di prendere una decisione. Ho chiamato mia madre, a Tirana, le ho chiesto di informarsi sui tempi di recupero, mi sono fatto spiegare l’intervento nei dettagli e mi sono convinto.
L’operazione in sé è abbastanza semplice: bisogna eliminare la cartilagine in eccesso e rimodellare il padiglione auricolare. I due lembi di pelle vengono ricuciti senza lasciare cicatrici. Ho preferito farmi operare in Albania: mia madre è farmacista e ha molte conoscenze in campo medico. Fra l’altro, in Italia avrei speso molto di più: non potevo permettermelo. L’intervento è stato eseguito in day hospital.
La stanza era molto piccola, io seguivo con attenzione il medico, l’infermiere e l’anestesista che mi preparavano. Mi sono sdraiato sul lettino, la testa fermata di lato tramite una cinghia, per mantenerla immobile.
Dopo aver rasato e disinfettato la parte, l’anestesia locale, somministrata in più dosi, ha tolto sensibilità alla zona: percepivo i movimenti del bisturi senza sentire dolore. Dopo mezz’ora il lavoro era completato. Intorno alla testa avevo una grossa fasciatura che mi copriva lateralmente in modo da lasciare l’orecchio leggermente compresso. L’ho tenuta giorno e notte per un tot, per poi sostituirla con una benda che copriva soltanto la zona, in modo da evitare urti o sfregamenti.
Il dolore che ho avvertito dopo l’operazione era sopportabile: non ho preso analgesici. Per la fretta di tornare al lavoro non mi sono nemmeno fatto controllare e dopo due giorni sono ripartito per Milano. Mi aspettava il debutto televisivo e c’erano ancora le prove da finire.
Quando ridevo i punti tiravano
A causa mia hanno dovuto modificare le coreografie: in vari passaggi e nelle figure in cui il ballerino solleva la sua partner, avrei rischiato che l’orecchio destro venisse colpito. Per questo è stato necessario riadattare i movimenti, tenendo conto della medicazione.
I colleghi mi hanno preso bonariamente di mira e continuavano a farmi battute, sebbene non potessi ridere: muovendo troppo la bocca, nelle risate o negli sbadigli, i punti tiravano facendomi male.
Qualche accortezza era necessaria: evitare ogni attrito e non bagnare la parte. Per sei mesi ho temuto di essere urtato o colpito. Era una sorta di riflesso automatico: quando qualcuno si avvicinava troppo all’orecchio, istintivamente mi allontanavo. Tolta la benda, è stata una soddisfazione enorme guardarmi allo specchio e sentirmi normale. La maestra? L’ho perdonata…».
Kledi Kadiu (testo raccolto da Francesca Turi nel marzo 2009 per OK La salute prima di tutto)