Quando si diventa genitori si cambiano abitudini e frequentazioni e non è certo necessario avere un figlio per saperlo. Quello che non immaginavo però è quanto il parchetto sarebbe diventato uno dei posti più battuti (e fondamentali) per la mia bimba e per me. Ma soprattutto quanto questo sia sì un momento di svago, ma anche un terreno dove bisogna muoversi con molta cautela.
Col ritorno della bella stagione ci troviamo quasi tutti i pomeriggi tra scivoli, altalene e margherite (da sterminare, povere). Un luogo dove giocare, stare all’aria aperta, divertirsi e incontrare altri bambini: passare insomma un po’ di tempo senza “impazzire” in casa per trovare ogni giorno nuovi giochi da fare (ed evitare così di cadere nella tentazione-televisione). Detta così sembra un idillio, in realtà ho scoperto che il parchetto può anche essere un generatore di forte stress: guardando il lato positivo puoi insegnare a tuo figlio (la mia non frequenta il nido) le prime regole di civile convivenza ma per quanto mi riguarda rischio gravi incidenti diplomatici. Con altri genitori.
I bambini, si sa, sono bambini. Alcuni più carini e simpatici, altri meno (sì, diciamocelo, esistono anche quelli antipatici) ma sempre bambini. Giocano assieme, sono divertenti, ma a volte fanno i capricci, si impongono, litigano o comunque faticano ad accettare il compromesso. Per questo, credo, esistono gli adulti: per intervenire, mediare, spiegare. Almeno quando i bimbi sono molto piccoli, almeno quando la situazione di guerra fredda rischia di sfociare in conflitto mondiale. Per fortuna è quasi sempre così, ma non sempre.
Credo che andare al parchetto aiuti a crescere tutti, anche gli adulti. Ho scoperto in me incredibili doti diplomatiche, non solo coi bambini altrui (con loro, per quanto alcuni siano particolarmente indisponenti, escono in modo naturale e costano poca fatica) ma soprattutto con i grandi: quelli troppo impegnati a chiacchierare, quelli con gli occhi fissi sul telefonino, quelli inchiodati sulle panchine cascasse il mondo, quelli che lasciano il loro piccolo sull’altalena per ore fregandosene se c’è la fila di marmocchi in attesa.
Sono pochi, per carità, ben presto ci fai l’abitudine e scopri i trucchi per evitare scambi poco piacevoli: la frase giusta, un mezzo (e un po’ falso) sorriso, il modo per dirottare l’attenzione – e la tensione – su altro. L’ultima volta mi sono anche quasi divertita nel vedere la faccia del papà, incredula misto furiosa, davanti a certi atteggiamenti di altri genitori o nonni. Lui, per questioni di tempo e lavoro, il parchetto lo bazzica meno e a certe dinamiche non è ancora abituato.
Pazienza, bambini, pazienza: il rispetto e la convivenza civile prima di tutto e nonostante tutti. Quel che mi preoccupa è che siamo solo all’inizio: poi ci sarà l’asilo, la scuola, il corso di nuoto etc. etc. Cioè tanti, tanti altri bambini con cui rapportarsi, ma soprattutto tanti, tanti altri genitori; e situazioni nelle quali dimostrare chi è la mamma e chi il bambino.