Mi rispondeva sempre: “Mamma, è perché mi fate ridere”. E, in effetti, era davvero così: quando lo facevamo ridere, a Luca cadeva la testa in avanti oppure, se stava camminando, iniziava a barcollare. Poteva crollare a terra, per la cataplessia, in ogni momento, gli bastava guardare un cartone animato alla tv, giocare a un videogioco oppure la piccola emozione di salire di nuovo sulla bicicletta per inaugurare la bella stagione, dopo l’inverno. Aveva 10 anni quando la narcolessia ha dato i primi sintomi. Per un bambino sono tante le occasioni di emozionarsi perciò, prima che la terapia riuscisse a rendere la malattia gestibile, Luca aveva paura anche di ridere.
In pochi mesi è ingrassato di 25 kg
Aumentava di un chilo ogni mese e, a metà della quinta elementare, era ormai in grave sovrappeso. Era sempre stanco, l’ho visto cambiare, anche nel carattere, in poco tempo: se prima era un bambino attivo, che si divideva tra gli allenamenti di judo, le nuotate in piscina e le uscite in bicicletta con gli amici di scuola, poi era diventato pesante, affaticato, svogliato, stentava a svegliarsi al mattino. Le prime visite dalla pediatra e dall’endocrinologo, per capire se ci fosse un disturbo metabolico o un malfunzionamento della tiroide alla base del suo aumento di peso, non ci hanno dato alcuna risposta. Luca sembrava stare bene. Eppure peggiorava, diventavano più numerosi gli attacchi di cataplessia ma, in ambulatorio, i medici non vedevano nulla. Per forza, penso adesso, dal medico Luca non provava alcuna emozione e il segnale più evidente della sua malattia rimaneva, così, nascosto. Poi, rapidamente, la diagnosi: il sospetto della pediatra, le visite specialistiche all’Istituto Neurologico Mondino di Pavia e poi i ricoveri a Bologna, al Centro del Sonno e all’Ospedale Sant’Orsola Malpighi. E poi ancora, le risonanze, la tac, la polisonnografia, il dosaggio della orexina, le visite psicologiche e i test comportamentali. Un controllo in ospedale al mese e, nel frattempo, a casa, Luca che di notte vedeva mostri giganti nella stanza, per le allucinazioni, e si sentiva sicuro solo a dormire con il papà. Luca che non voleva più andare in gita con la scuola o a messa o in piscina e che, piano piano, si isolava.
Il sogno della moto
Da 18 mesi prende un farmaco registrato soltanto per gli adulti e, anche se si conoscono poco gli effetti sui bambini, Luca ha iniziato a stare meglio, non cade più. Per effetto della medicina aa perso anche tutti i chili e i mostri di notte non ci sono più. Non guarirà dalla sua malattia, lo sappiamo noi genitori e lo sa anche lui, ma almeno così è più facile conviverci e, forse, riuscirà a poco a poco a farsela scivolare addosso. Sappiamo anche che la ricerca sulla narcolessia sta facendo veloci passi in avanti, presto ci saranno nuovi trattamenti. Due mesi fa è anche andato in gita con la sua classe, a Verona, si è impegnato e ha superato la paura di stare tante ore fuori casa. Ha anche ricominciato a uscire in bicicletta. Apprensione? Sì, tanta, perché basterebbe una risata o un gatto che gli attraversa la strada per farlo cadere dalla bici. Magari è anche già successo, ma non si è fatto male e ce l’ha tenuto nascosto. Dopotutto, narcolessia o no, è un tredicenne come gli altri. Anche se per lui la vita sarà più faticosa, per le possibili delusioni che potrà ricevere. Sarà difficile spiegare agli altri la sua malattia: i narcolettici hanno un rapporto con il tempo diverso dalle altre persone, non tutti riescono a capirli. E poi ci saranno le cose che non potrà fare. Quando ha smesso con il judo, lo abbiamo spinto a suonare la chitarra, un’attività da fare in casa, al sicuro. Speravamo che si appassionasse ma è stato un vano tentativo per sostituire la sua grande passione: la moto. L’anno prossimo avrà quattordici anni, l’età del ‘patentino’. Sappiamo che i narcolettici, se sotto stretto controllo medico possono guidare, ma abbiamo paura. Riusciremo a fargli cambiare idea? Dubito: narcolessia o no, vuole la vita che spetta a tutti gli altri. E, in fondo, non ha torto.
Michela Castellano
Che cos’è la narcolessia? Ce lo spiega Giuseppe Plazzi, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna, dove esiste uno dei pochi centri di riferimento italiani per la malattia rara.
La narcolessia è caratterizzata da un’eccessiva sonnolenza durante il giorno, continua o con necessità di fare frequenti pisolini, spesso improvvisi. Esistono altri segnali, alcuni molto sfumati: disattenzione, irrequietezza o aumento di peso nel ragazzo o bambino, che possono far confondere la malattia con altri disturbi più noti (epilessia, malattie metaboliche, deficit dell’attenzione, disturbi psichiatrici) e ritardare la diagnosi. In Europa solo il 20 per cento dei narcolettici arriva alla diagnosi, in media dopo 14 anni di visite ed esami non specifici. La malattia è sconosciuta, anche agli stessi medici. In genere, i primi sintomi si manifestano da adolescenti o bambini. Nei narcolettici l’ipotalamo, l’area del cervello che regola anche il ritmo sonno/veglia e l’appetito, smette improvvisamente di produrre orexina, un neurotrasmettitore necessario a svolgere la sua normale attività. E’ il deficit di questa sostanza a indurre i sintomi della malattia. Quasi certamente la narcolessia è una malattia autoimmune (quando il sistema immunitario, sollecitato da stimoli esterni, attacca l’organismo stesso), che colpisce soggetti geneticamente predisposti. Può essere, quindi, ‘accesa’ da fattori ambientali: di recente si è verificato un aumento di casi tra gli adolescenti in Scandinavia e Francia in associazione a un tipo di vaccino per l’influenza H1N1 e in Cina, in seguito alla pandemia del virus H1N1. La narcolessia è una malattia rara, con 4 casi su 10 mila abitanti.
OBESITA’ E CATAPLESSIA_L’orexina ha un ruolo nel metabolismo e nel controllo dell’assunzione di cibo. Quando manca i narcolettici ingrassano rapidamente, anche senza mangiare di più come nel caso di Luca, e non riescono a dimagrire con la dieta o l’esercizio fisico. In un bambino su cinque la narcolessia determina anche pubertà precoce. Tipico di molti narcolettici è cadere improvvisamente a terra: si chiama cataplessia, una perdita momentanea di tono muscolare in tutto il corpo. Il ‘corto circuito’ nei muscoli è scatenato da un’emozione: si cade per una semplice risata, il solletico o guardando la tv, rischiando di farsi male. Il sonno dei narcolettici non è riposante, soprattutto di notte: sono frequenti risvegli, allucinazioni, incubi e insonnia.
DIAGNOSI_La narcolessia si riconosce dai sintomi, soprattutto quando è accompagnata da cataplessia. Per confermare la diagnosi è d’aiuto l’analisi della qualità del sonno, con la polisonnografia e il test delle latenze del sonno. Nei centri di riferimento per la malattia è possibile eseguire il dosaggio di orexina, con un prelievo lombare di liquido cerebro-spinale in cui si accumula questo neurotrasmettitore.
TERAPIE_I narcolettici devono essere seguiti da un team multidisciplinare per tutta la vita, con controlli regolari. Oggi sappiamo che la narcolessia è autoimmune, riconoscerla precocemente aprirà nuove possibilità di vere cure. Le uniche terapie al momento disponibili riescono a tenere a bada i sintomi, fanno passare le allucinazioni notturne o regolarizzano il peso ma non guariscono la malattia. Se precoci, le terapie farmacologiche (pur non sperimentate nei bambini e quindi considerate fuori indicazione) e la terapia comportamentale con uno psicologo consentono una buona gestione della malattia.
07/08/2014