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Christian De Sica: a 12 anni pesavo 105 chili

«Papà era un uomo d'altri tempi: con lui, a tavola, dall'antipasto al dolce non mancava mai niente. Così, da ragazzino, arrivai a superare il quintale...»

«Da ragazzino arrivai a superare il quintale», racconta Christian De Sica. «I medici davano la colpa alla tiroide, dicevano che non avrei potuto avere figli. Allora giù con le diete. Ma poi ritornavo a ingrassare…».
Ecco la confessione dell’attore a OK.

«Ogni anno prima di Natale mi trovo a dover perdere qualche chilo. È la solita tragedia. La tragedia della mia vita. È così da quando avevo 12 anni e pesavo 105 chili. Ve lo immaginate questo bambinetto con un quintale distribuito sullo stesso fisico che fino a due anni prima ne sopportava quasi la metà?

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Fra i sette e gli otto ero talmente magro che per forzarmi a mangiare mi hanno rimpinzato di calcio e di ferro. Risultato? Una fame nera e l’inizio della mia lotta infinita con i chili di troppo.
Io, che per natura girerei con addosso un kaftano lungo fino ai piedi, libero di trascinarmi un girovita smisurato, sono costretto dal mestiere di attore a violentare la mia gola, ad abolire la teglia di lasagne a pranzo e a cena.

In questo continuo sali e scendi della mia vita, ho visto una marea di dietologi e un paio di medici sudamericani che mi facevano i bendaggi con le pezze fredde.

In famiglia avevamo dei culoni!
Dimagrivo, poi mi stufavo e mi rituffavo sui tramezzini. E sui gelati, la mia droga. Sono capace di mangiarne quattro di seguito anche se i gusti non sono i miei preferiti, tanto alla fine mi piacciono pure quelli. Ma per un cono di crema ai marroni e panna sarei capace di fare qualsiasi cosa.

Il cibo, il mangiare bene in compagnia, sono i grandi piaceri della vita. Mi basta pensare a una fotografia che ho ritrovato per caso: mio padre, mia madre e noi figli che salutiamo dalla scaletta di un aereo su cui saliamo. C’abbiamo dei culoni!
Però si vede che eravamo felici, contenti nel profondo.

È stato proprio mio padre a rovinarmi, era un uomo d’altri tempi. Si cenava tutti insieme e, dall’antipasto al dolce, non mancava mai niente. Anzi, se per caso una volta il dessert non c’era, lui lo chiedeva indignato: “E la torta dov’è?”.

Con questi terribili su e giù di peso mi sono massacrato. A otto anni hanno cominciato a rimpinzarmi tanto da farmi diventare obeso. Così a 12 ero arrivato ai miei cento chili e passa, il mio record assoluto di ciccia. I medici nel frattempo mi terrorizzavano. Dicevano che non dimagrivo per colpa della tiroide, che soffrivo di disfunzioni, che non avrei potuto avere figli. E allora giù diete, farmaci, privazioni. Ho perso peso, fino alla magrezza assoluta intorno ai 18.

Ma io ingrasso per lo stress, soprattutto da lavoro, e perché adoro mangiare. Insomma, ho ripreso gran parte dei chili. Arrivato a 34 anni mi sono stufato di essere ciccione e di non riuscire a comprare i vestiti che mi piacevano. Mi sono rituffato nel regime dietetico strettissimo, questa volta seguito da questi medici sudamericani.

Ho cominciato ad andare in palestra tutti i giorni: pesi e tapis roulant. M’ero riempito di muscoli, ero tutto gonfio. La bilancia segnava 72 chili ed ero ancora una volta troppo magro visto che il mio peso forma è intorno agli 80 chili.

Sono di nuovo a stecchetto
Manco a dirlo, rimangio. E l’ago della bilancia torna su. A un certo punto, per fortuna, è arrivato il periodo della stabilizzazione. Poi ho ripreso peso fino a 89 chili e quindi di nuovo a stecchetto. Quando sono in tournée teatrale, ci vuole il fisico per reggere due ore di ballo e canto sul palco. Mi sa che mi devo impegnare, ho scoperto che con l’età si dimagrisce più lentamente. Peccato.

Io ci provo: a colazione due fette biscottate con un velo di miele; a pranzo riso in bianco con il limone e un frutto; a cena carne o pesce con le verdure: niente vino e caffè solo con il dolcificante. Alle quattro del pomeriggio, una fame! Quella è l’ora peggiore. Ma se non mi limito metto tutto qua, tra il mento e il pomo d’Adamo.

E pensare che a mia moglie piaccio così. Colpa del mestiere che faccio. Altrimenti già lo so dov’eravamo: ai Caraibi, con un pareo lungo fino ai piedi a coprire la pancia e un cocktail in mano…»

Christian De Sica (testo raccolto da Maria Grazia Filippi nel dicembre 2006)

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