Testo di Graziella Ceccarelli,
psicologa clinica e di comunità,
blogger di PSICOZOO
Ogni giorno ci troviamo di fronte a bivi con strade che si incrociano e segnali che ci rimandano in direzioni diverse. Qual è la strada da prendere? Le alternative sono tante e non sempre siamo in grado di poterne vagliare costi e benefici.
Quando queste situazioni decisionali ci procurano una tensione psichica caratterizzata da forze contrastanti tra loro, ci troviamo di fronte ad un conflitto vero e proprio. Ma cos’è un conflitto? La definizione rimanda a uno stato emotivo generato da due spinte contrapposte che attivano sentimenti ed emozioni che possono essere piacevoli, spiacevoli o contrastanti (piacevoli e spiacevoli nello stesso tempo).
Il termine conflitto deriva dal latino confligere cioè combattere. Una persona che combatte contro forze contrastanti sta vivendo un conflitto interno; quando invece il conflitto avviene in una situazione in cui si scontrano le volontà inconciliabili di individui, gruppi, istituzioni o nazioni diverse, il conflitto si definisce esterno.
La nostra vita quindi, stando al significato del termine, è una continua battaglia ma ciò non può, e non deve, spaventarci.
Un buon metodo è quello di considerare il conflitto come una sfida da affrontare; in questo modo il conflitto assume connotazioni positive permettendo la mobilitazione delle capacità per raggiungere la vittoria, quali la forza di reagire.
Il conflitto nasce da un dilemma che inizialmente potrebbe sembrare banale ma che, pian piano, se cresce diventa di difficile soluzione. In questa trasformazione (da semplice dilemma a grande conflitto) assume un ruolo fondamentale, la consapevolezza emotiva dell’individuo ma anche la personalità e la sua capacità di analisi.
L’adolescente rappresenta il simbolo del conflitto psicofisico per eccellenza. A livello fisico c’è un corpo che non è più quello di un bambino ma neanche quello di un adulto e con esso tutte le implicazioni psichiche: quella più forte tra tutte la voglia di volare via dal nido sicuro (la famiglia), ma che va a scontrarsi con la reale dipendenza da esso.
Per affrontare un conflitto bisogna acquisire la flessibilità di pensiero e la consapevolezza che non tutto si può prevedere alla perfezione; bisogna valutare bene il grado di incertezza che ogni decisione, inevitabilmente si porta dietro; analizzare le alternative del conflitto associando ad esse i propri stati emotivi: e imparare a riconoscere il vissuto emotivo che ci portiamo dietro per metabolizzare la scelta.
La mediazione, qualora il conflitto nasca all’interno di una coppia o famiglia, è una forma di modalità di ascolto molto efficace, in quanto si riformulano i termini del conflitto imparando una nuova comunicazione che può migliorare anche i rapporti sociali.
Un modo sbagliato di affrontare un conflitto è sicuramente quello di decidere di non affrontarlo, evitandolo, tanto c’è poco da fare in quanto presto si ripresenterà, sotto una veste nuova. Scegliere una possibilità equivale a lasciare un segno della propria identità.
Graziella Ceccarelli
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