«E allora perché non è possibile segnalare il pericolo ai consumatori con le stesse scritte di avvertimento che troviamo oggi sui pacchetti di bionde?». È la battaglia dell’associazione di consumatori Assoutenti che, affiancata da un team di esperti scientifici e legali, ha avviato una serie di azioni per far sentire la sua voce anche a livello europeo.
Fulcro della campagna presentata a Milano è una segnalazione ufficiale redatta dagli avvocati Giuseppe Giacomini, Stefano Cresta e Sergio Maradei, e indirizzata all’Autorità europea per la sicurezza alimentare a Parma, alla Commissione europea, all’Europarlamento e ai ministeri italiani della Salute e dello Sviluppo economico.
Nelle venti pagine del documento si accendono i riflettori sugli studi scientifici che attestano le conseguenze dannose legate al consumo di alcol, e in particolare il legame con alcuni tipi di cancro, si segnala il quadro normativo di riferimento e sulla base di questo, si chiedono una serie di misure urgenti: «Non ci si riferisce necessariamente all’introduzione di obblighi legati all’etichettatura e all’indicazione degli ingredienti – si legge nel testo – ma certamente all’inderogabile esigenza che su tutte le confezioni vengano apposte idonee segnalazioni» sui rischi dell’alcol, «soprattutto con riferimento all’insorgenza di affezioni tumorali».
Una delle ipotesi suggerite è che «venga quanto meno promosso un accordo consensuale o obbligatorio, volto a imporre ai produttori e distributori specifiche condizioni informative per l’immissione sul mercato e l’uso delle bevande alcoliche». Per sostenere l’azione sulle Istituzioni, «Assoutenti si sta impegnando in una mobilitazione popolare con una raccolta di firme in Italia e in Europa», annuncia il vicepresidente dell’associazione dei consumatori, Furio Truzzi.
La sostanza responsabile dei danni alcol correlati è l’etanolo. La sua presenza ha portato l’Iarc, organismo dell’Organizzazione mondiale della sanità, a inserire le bevande alcoliche nello stesso gruppo in cui ritroviamo l’asbesto (amianto), l’arsenico, il benzene, il tabacco, le radiazioni.
«Si continua a invitare le persone al consumo responsabile dell’alcol. Eppure nessuno inviterebbe mai a consumare moderatamente amianto», osserva Gianni Testino, epatologo direttore del Centro di alcologia dell’ospedale San Martino di Genova e vicepresidente della Società italiana di alcologia. «E per comprendere con precisione il livello di pericolosità dell’alcol, è giusto sapere che per contrarre la cirrosi epatica bisogna berne tanto, mentre per ammalarsi di tumore basta il cosiddetto consumo sociale», prosegue lo specialista.
Mediamente in una unità alcolica, che corrisponde a una lattina di birra o a un bicchiere piccolo di vino o a una dose da bar di superalcolico o aperitivo, «si trovano 12 grammi di etanolo – spiega Testino – che viene trasformato nel nostro organismo in acetaldeide, una sostanza altamente cancerogena. Da questa metabolizzazione si liberano anche i radicali liberi dell’ossigeno. L’acetaldeide si va a legare al nostro Dna modificandolo e tali alterazioni cromosomiche sono in grado di favorire lo sviluppo di cellule neoplastiche. Non solo: l’acetaldeide inibisce anche i meccanismi fisiologici di riparazione del Dna».
Nel 2010, continua l’epatolgo, «l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito un rapporto causale fra il consumo di bevande alcoliche e il cancro, in riferimento ad alcuni siti del nostro organismo: cavità orale, faringe, laringe, intestino, esofago e seno. E addirittura per il cancro al seno l’alcol è stato definito l’unico fattore di rischio che noi possiamo eliminare. Secondo le statistiche, circa il 4% di tutti i tumori è causalmente legato all’uso di bevande alcoliche, correlazione che raggiunge circa il 7% tra gli uomini».
Assoutenti vuole attirare l’attenzione delle autorità sanitarie europee, ma anche italiane. E oltre a raccogliere adesioni alla petizione attraverso il numero verde 800199633, sarà il 14 novembre a Roma sotto il ministero della Salute per la prima giornata europea senza alcol.
«Noi speriamo che l’Unione europea vada al di là di alcuni interessi particolari – incalza Testino – Anche l’analisi dei costi ha dimostrato che spendiamo molto di più per gli effetti del consumo di alcolici, responsabili di almeno 60 patologie, rispetto a quanto incassano gli Stati con la fiscalità. L’Europa faccia un atto di coraggio e imponga ai produttori di bevande alcoliche di segnalare innanzitutto gli ingredienti in esse contenuti, in particolare la concentrazione di acetaldeide libera, e di informare la popolazione sul fatto che il consumo favorisce i tumori».
La Francia, ricorda l’epatologo, ha dato il buon esempio mettendo sulle bottiglie il simbolo della donna incinta sbarrato con una x, per far capire che l’uso di alcol è vietato in gravidanza. Sull’etichettatura degli ingredienti, «vogliamo che l’Europa esca dall’immobilismo – sottolinea Giuseppe Giacomini, l’avvocato che sta seguendo la crociata di Assoutenti – Per le bevande alcoliche, infatti, la Direttiva 2000/13/CE relativa all’etichettatura degli alimenti rinvia a una futura specifica regolamentazione che a tutt’oggi non risulta essere stata emanata».
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