In Europa quasi 3 milioni di persone, di cui circa 400.000 in Italia, convivono con l’artrite reumatoide. La maggior parte di esse non raggiunge la remissione e soffre per il dolore, l’affaticamento, la rigidità articolare mattutina e le riacutizzazioni di malattia.
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Artrite reumatoide
«L’artrite reumatoide è una patologia infiammatoria cronica autoimmune che può essere fortemente disabilitante e che può compromettere in maniera importante la qualità della vita» afferma Roberto Caporali, Professore di Reumatologia all’Università di Milano e Direttore dell’ Unità Operativa Complessa Reumatologia Clinica e Day Hospital – ASST Gaetano Pini-CTO di Milano. «Colpisce di più le donne, che risultano affette dalle due alle tre volte in più rispetto agli uomini, e può comparire soprattutto tra i 30 e i 50 anni. Il suo bersaglio è costituito primariamente dalle articolazioni, che diventano gonfie, dolenti e, soprattutto al mattino, molto rigide con conseguenti difficoltà e limitazioni nei movimenti. Se trattata in maniera non adeguata, si possono verificare deformità articolari irreversibili. Il 40% delle persone rischia di non essere più in grado di compiere la propria attività lavorativa».
Presto in Italia un nuovo farmaco
La Commissione Europea ha recentemente approvato un nuovo trattamento per l’artrite reumatoide attiva di grado da moderato a severo. Appartiene a una nuovissima classe (i cosiddetti JAK-inibitori), si chiama upadacitinib e si somministra una volta al giorno per via orale. In un’elevata percentuale di pazienti porta alla remissione clinica e il suo arrivo in Italia è atteso nei prossimi mesi.
«Accogliamo con entusiasmo il parere favorevole della Commissione Europea. Come è stato osservato nel corso di uno dei più vasti programmi di sperimentazione clinica sull’artrite reumatoide, upadacitinib ha dimostrato di migliorare in modo significativo i segni e i sintomi della malattia. L’elevata capacità di raggiungere la remissione clinica è uno degli elementi differenzianti del farmaco, uno stato in cui i sintomi sono più gestibili e potrebbero non esercitare alcun impatto sulle attività quotidiane. Si tratta di un importante progresso terapeutico di cui presto speriamo potranno beneficiare
anche i nostri pazienti con artrite reumatoide attiva di grado da moderato a severo» conclude Caporali.