Non solo intestino: i batteri “buoni” potrebbero vivere anche negli occhi. Lo suggerisce la scoperta di un microrganismo che risiede nella congiuntiva dei topi. Trasmesso dalla madre ai cuccioli, sembra giocare un ruolo cruciale nell’organizzazione delle difese immunitarie contro l’aggressione di patogeni esterni. Lo studio è pubblicato dai ricercatori dei National Institutes of Health (NIH) americani sulla rivista Immunity. Se confermato anche nell’uomo, potrebbe rivoluzionare la cura di congiuntiviti e infezioni oculari.
Altro che sterile
Per anni si è pensato che la superficie degli occhi fosse completamente sterile, a causa della presenza di un enzima (chiamato “lisozima”) e di particolari molecole antimicrobiche che distruggono i microrganismi dannosi portati dall’aria o dalle nostre dita. «Questa invece è la prima prova che dimostra l’esistenza di un batterio capace di vivere per lungo tempo sulla superficie oculare, rispondendo così all’annoso interrogativo sulla possibile esistenza di un microbioma oculare», afferma la coordinatrice dello studio, Rachel Caspi, che lavora nel laboratorio di immunologia del National Eye Institute (NEI) degli NIH.
Ospiti inattesi
Il suo gruppo di ricerca è riuscito a coltivare in laboratorio una serie di batteri trovati nella congiuntiva di un topo. Tra questi c’erano diversi stafilococchi tipici della pelle e anche un Corynebacterium mastitidis (C. mast). Rimaneva però da capire se questi microrganismi fossero residenti o se arrivassero dall’esterno.
Il batterio buono
Grazie a ulteriori esperimenti, i ricercatori hanno scoperto che C. mast è un batterio “buono”, in grado di addestrare il sistema immunitario a proteggere l’occhio da pericolose invasioni. Il microrganismo, infatti, scatena una reazione immunitaria nella congiuntiva che stimola il rilascio di proteine antibatteriche nelle lacrime per eliminare i batteri “cattivi”. C. mast, che è il regista dell’operazione, riesce a sopravvivere incolume. Altrettanto curiosamente, il batterio non viene trasmesso dai topi ai loro compagni di gabbia, ma dalla madre ai cuccioli: un ulteriore conferma del fatto che il batterio sia un commensale residente nella congiuntiva, e non un “estraneo” che finisce nell’occhio per caso paracadutandosi dalla pelle o dall’ambiente esterno.
Nuove prospettive di cura
E’ ancora presto per dire che anche nell‘occhio umano esista un microbioma, ma se questa scoperta dovesse essere confermata, potrebbe aprire una nuova era nel trattamento delle infezioni oculari e nell’utilizzo dei colliri antibiotici.
Elisa Buson
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