Quasi la totalità della popolazione sulla Terra – il 92% – vive in aree a forte inquinamento atmosferico, con dati di gran lunga sopra i limiti massimi stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità.
È la stessa agenzia delle Nazioni Unite a lanciare l’allarme, dopo che ha redatto un nuovo studio, corredato da una mappa interattiva sulla qualità dell’aria in tremila città. (Nella foto, il verde indica le aree con aria pura, gialla media, rossa fortemente inquinata)
Sono tre milioni le morti che possono essere correlate ogni anno all’inquinamento atmosferico all’aperto, ma anche l’aria che si respira al chiuso, in casa e nel luogo di lavoro, può essere ugualmente letale. L’Italia è tra i Paesi più inquinati, con il record della Pianura Padana.
In Europa l’Italia, con poco più di 21.000 morti, conta più vittime rispetto alla Francia (11.000), Spagna (6.800) e Regno Unito (16.000). Peggio di noi fanno Germania, 26.000, Polonia 26.600 e Ucraina con ben 54.000. Nel resto del mondo, in Usa lo smog uccide 38.000 persone, in Giappone 30.000, mentre in Australia “solo” 93.
È la Cina il Paese che nel mondo paga il prezzo più alto per l’inquinamento atmosferico in termini di vite umane, con oltre un milione di decessi in un solo anno. Situazione drammatica anche in India con 621.000 morti e in Russia con 140.000.
Nel 2012 l’Oms stima che siano stati 6,5 milioni – pari all’11,6% del totale – i decessi associati all’inquinamento indoor e outdoor. Circa il 90% delle morti riguardano Paesi a reddito medio-basso, e i due terzi si registrano nel Sudest asiatico e nel Pacifico occidentale.
Il 94% dei decessi è dovuto a malattie non trasmissibili che vengono peggiorate o che sono fortemente correlate con lo smog, come malattie cardiovascolari (aumenta il rischio di aterosclerosi), ictus (lo smog entra nel cervello e potrebbe esserci anche una correlazione con l’Alzheimer), bpco – broncopneumopatia cronica istruttiva (chi abita in città ha un rischio maggiore del 54% di BPCO) e cancro ai polmoni. L’inquinamento dell’aria, inoltre, aumenta il rischio di infezioni respiratorie acute.
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